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lunedì 23 dicembre 2013

Sorry, I am Italian


Ci sono alcuni giorni in cui, anche se si è pieni di lavoro e si hanno tante cose da fare, ci si annoia. 
E’ lo spirito nel più profondo di noi che è annoiato. Oggi è proprio una giornata così.
Sto leggendo un rapporto sull'attività della mia società in Cina, su cui devo fornire la mia valutazione. Inoltre, entro la fine della serata, devo anche terminare di redigere una relazione. Fra qualche minuto devo incontrare uno degli uomini più noiosi di questa terra.
Non so se sopravvivrò a questa giornata. Scherzo. Certo che sopravvivrò, eccome!
 Il Natale mi sembra lontano, anche s’è imminente.
Sbadiglio, sento le palpebre pesanti come se fossero di piombo.
Lo confesso, nei confronti dei miei colleghi francesi ho un profondo senso d’inferiorità!
Hanno una capacità per me ignota di leggere documenti noiosissimi riuscendo a concentrarsi tanto da essere in grado di fare delle osservazioni interessanti.  Io devo forzarmi.
- Sorry, I am Italian (scusate, sono italiano; nota del traduttore) - dico ogni tanto con un tono falsamente modesto.
I miei colleghi ridono ma ho il sospetto che, in fondo in fondo, pensano che quelle scuse sono dovute.
- Monsieur, monsieur de Guillaume è arrivato.- annuncia la mia assistente (perché non si dice più segretaria? Forse si associa tale mestiere ad una funzione servile o boccaccesca? A causa dell’immagine degradata che offrivano alcuni film degli anni 70?  Che mostravano nelle locandine  tante segretarie, infermiere e cameriere in posizioni scollacciate  e porcarecce?  Perché si è passati da spazzino, a netturbino per poi arrivare ad operatore ecologico? Perché non si dice più puttana, prostituta, peripatetica ma escort? Perché non si usa più il termine omosessuale ma gay? … oddio, sto bruciando un argomento che mi sarebbe ben servito come materia per un altro post!).
- Sì, certo fatelo entrare. –
Mi alzo e gli vado incontro.
- Ciao Yves. Come stai? –
- Ciao Italo, bene e tu? –
- Prego, siediti. –
Yves: degli occhiali alla Cavour e dietro ad essi degli occhietti che vorrebbero essere scrutatori ma alla fine sembrano solo miopi; una calvizie che ogni anno conquista qualche centimetro di più della calotta cranica; una dialettica affettata e forzatamente  ricercata che necessita di pause per scovare il termine sempre appropriato; un anello chevalier con lo stemma di famiglia rigorosamente ostentato sul mignolo della mano sinistra.
Lo guardo e lui fa lo stesso.  Siamo seduti uno di fronte all'altro.
- In che cosa posso aiutarti? – gli domando.
Io conosco la ragione della sua visita ma lascio che lui segua il suo canovaccio.
- Volevo giusto informarti che nella società dove lavoro le vendite  … … -
Yves è stato messo in naftalina.tre anni fa, forse perché era troppo noioso.
Hanno deciso che non era adeguato per la funzione che ricopriva e che bisognava metterlo da parte. L’hanno nominato direttore finanziario d'una piccolissima società del gruppo. Prima era un “pezzo grosso” in una divisione che fatturava svariati miliardi. Un giorno non è più risultato gradito ed hanno deciso che doveva essere messo in un armadio.
Io fui contrario.
- Mandatelo via. Dategli un assegno e mandatelo via. –
- Costa troppo. – mi risposero.
- Certo, ma così lo uccidete lentamente … un uomo ha il diritto di cadere e di risollevarsi e non di sentire la sua dignità rosicchiata ogni giorno di più. –
- Sei troppo duro. – mi dissero.
L’hanno allontanato dicendogli che aveva bisogno di stare un po’ in disparte e che sarebbe tornato presto in circolo.
In effetti, l’hanno dimenticato.
Lui cerca di farsi ricordare domandando d’essere ricevuto.
Periodicamente ogni tre, quattro mesi ed immancabilmente alla fine di ogni anno, chiede d’incontrarmi.
Penso che per lui sia molto dura.
Ti guardo, Yves. Guardo i tuoi occhietti e so che fra poco, dopo aver smesso di raccontarmi delle frottole, diventeranno umidi perché ti emozionerai mentre mi dirai di quanto ti senti umiliato. Guardo la tua mano inanellata con un simbolo che ricorda la vecchia nobiltà che tu non hai più.
Io ti consolerò, Yves.
Ti dirò che l’importante è la considerazione di chi amiamo. Ti dirò che un uomo non è tale perché lo dicono dei colleghi d’ufficio ma perché ogni giorno lo dimostra attraverso l’agire. Ti dirò che abbiamo dei figli e che solo ad essi dobbiamo veramente rendere conto. Ti dirò che il vero mondo non è quello che si trova dentro una multinazionale ma dentro di noi. Ti dirò che ciò che importa è il ricordo che lasciamo  e non una carriera illusoria ed effimera.
Mi dirai grazie ed io mi sentirò un verme.
Ti darò una pacca sulla spalla.
Buon Natale, Yves ….