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mercoledì 30 marzo 2016

Lettera aperta ai candidati Sindaco per la città di Noto



Buon giorno, mi chiamo Italo Persegani e sono quel signore che nelle foto indossa una camicia a scacchi, prossimo alla sessantina e col fisico un po’ appesantito per i troppi anni passati dietro alle scrivanie. Sono stato immortalato mentre raccolgo immondizia nella giornata del 29 marzo 2016 sulla strada provinciale n. 64 in contrada Fiumara ad appena un chilometro dal paese di Noto. I “trofei” raccolti si trovavano in parte sul ciglio della strada ed in parte dentro il terreno d’un signore a me sconosciuto. Mentre ero in procinto di lanciarmi nella mia impresa una macchina s’è accostata ed un giovanotto dal finestrino m’ha apostrofato: guardi che qui a Noto c’è un luogo apposito dove gettare l’immondezza! Gli ho sorriso e gli ho risposto: non getto, raccolgo. No, l’immondizia non era mia ma di qualcun altro che pratica la disciplina sportiva del “lancio del sacchetto”. Nel meridione, e nello specifico in Sicilia, vi sono molti adepti a questo sport. Infatti non sono pochi coloro che da decenni nutrono la speranza che la specialità sia introdotta fra le discipline sportive delle prossime olimpiadi, non quelle del Brasile (ormai troppo prossime) ma quelle successive. Per questo motivo gli atleti s’allenano duramente ogni giorno ed i sacchetti che si trovano un po’ dappertutto sono il risultato delle dure sessioni d’allenamento. Non sia mai che finalmente il “lancio del sacchetto” entri fra le discipline del comitato olimpico e loro si trovino impreparati!


Non esiste solo l’ipotesi olimpica per fornire una spiegazione alla piaga dell’immondizia sparsa per le strade, infatti vi è chi, seguace di Lorenz Konrad e particolarmente ferrato in etologia comparata (scienza che esplora le correlazioni fra l’antropologia e l’etologia), ha trovato un’altra spiegazione: coloro che disseminano l’immondizia sono molto prossimi agli animali ed in particolare ai cani. E’ ben noto, infatti, il comportamento dell’amico dell’uomo che, quando può, delimita la sua zona mingendo l’urina in un’area immaginaria. Bene, i “lanciatori/trici di sacchetti” osservano lo stesso rituale in quanto depositano le loro lordure lungo i confini immaginari dell’area in cui abitualmente vivono. E’ stato osservato infatti che nessuno deposita l’immondizia nell’appartamento o nel proprio condominio ma lontano da dove in genere si risiede. Sì, esattamente come le simpatiche bestie! Avete mai visto un cane fare pipì o cacca dentro la propria cuccia? Certo che no, esattamente come i “lanciatori d’immondizia” che quindi, a tutti gli effetti, possono definirsi più vicini agli animali che agli esseri umani. Scrivendo questo non vogliamo arrecare nessuna offesa ai cani poiché come diceva Eberhard Trumler: Il mondo del cane è più ricco di quanto noi si possa immaginare.


Non è da credere che questa teoria, per quanto dotta, sia universalmente accettata poiché esistono innumerevoli detrattori. Fra i più agguerriti vi sono coloro che sostengono la non fondatezza di questo pensiero in quanto la teoria non può estendersi su tutto il genere umano. Infatti, dicono, perché i “lanciatori di sacchetti” si concentrano di più nel meridione dell’Europa ed in particolare nel Sud dell’Italia e non si distribuiscono equamente su tutto il territorio? In effetti gli etologi per un certo tempo rimasero disorientati di fronte a questa affermazione ma a loro venne in aiuto Charles Darwin, padre della teoria evoluzionista. Il grande scienziato sostenne che i “lanciatori di sacchetti” sono un esempio d’evoluzione ritardata rispetto al resto del genere umano. Sì, ma perché la popolazione dei “lanciatori” si concentra di più nel sud? Perché l’effetto climatico (il sole, il caldo) rende il genere umano più pigro e con riflessi tanto allentati da ritardarne, in certi casi, anche l’evoluzione soprattutto in soggetti che possiedono un limitato sviluppo celebrale. La specifica tecnica dei “lanciatori di sacchetti” siciliani, che si contraddistinguono nella tecnica e nell’ostinazione dell’atto, fece riflettere Darwin sull’opportunità di verificare la sua teoria evoluzionistica su un’isola e per un certo tempo fu combattuto se scegliere o le Galapagos o la Sicilia. Come tutti sanno scelse l’arcipelago delle Galapagos e qualche suo maldicente coevo disse che optò per l’alternativa più facile.


Scusatemi cari candidati se mi sono così dilungato nell’introduzione di questa mia ma penso che abbiate ben compreso che sul soggetto possiedo (ahimè!) una certa sensibilità. Per fortuna, non sono il solo poiché a Noto siamo in molti ad essere preoccupati: non solamente i nuovi residenti (io ho scelto di trasferirmi in zona nel 2004) ma anche la maggior parte dei netini che vorrebbero il loro territorio più pulito. In realtà io sono poco interessato a conoscere se dietro all’annoso fenomeno si celino teorie sportive, antropologiche o evoluzionistiche, vorrei invece che il fenomeno cessasse o quanto meno s’attenuasse drasticamente. Per sgombrare il campo da qualsiasi dubbio e retro pensiero che può far pensare che io sia il solito “forestiero” che viene in Sicilia per dire la sua, voglio subito precisare che sono siciliano di nascita e che pur avendo vissuto per necessità buona parte della vita fuori dalla mia isola ritengo di conoscere la Sicilia come le mie tasche. Ho deciso di tornare e questa volta, come Patrick de Mac Mahon, j’y suis, j’y reste (ci sono e ci resto!)! Quindi, ed arrivo al punto di questa mia, qual è il vostro piano per sconfiggere il malcostume imperante del “lancio della spazzatura”? La mia domanda, ed adesso smetto di celiare, è seria e dovrebbe ricevere una risposta altrettanto seria, fatta di programmi su cui dovrete rendere conto ai cittadini. Per favore, non vi sto chiedendo d’esercitarvi in dichiarazione d’intenti od in slogan elettorali, ma un piano programmatico (azioni, modalità, finanziamenti, tempistiche) che mostri una capacità di risposta concreta ad un problema. Lo so che siete impegnati ad “acchiappare” voti ma questa lettera (la indirizzerò al sito d’ognuno) dovrebbe essere un’opportunità per ciascuno di voi per mostrare di che pasta è fatto. Noto, come molte città italiane, ha molti problemi e quello della sporcizia diffusa è uno dei tanti ma l’illustrazione d’un programma serio sull’argomento potrebbe far ben sperare che anche sugli altri soggetti abbiate la capacità di ben proporvi. Potrebbe far credere.
Non serve una risposta che descriva il passato ma che dia delle soluzioni guardando al futuro. Non mi faccio illusioni: se non dovessero esserci risposte a questa mia non mi sentirò frustrato poiché anche una non risposta consentirà di comprendere il vostro approccio su problemi concreti.

Cordialmente
Italo Persegani

martedì 1 marzo 2016

Lettera a facebook

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Puntualmente sulla mia pagina di FB compare la scritta: a cosa stai pensando? In genere rispondo mentalmente: ai fatti miei. Nel contempo sorrido perché mi torna in mente una sequenza d'un film di Pietro Germi, Alfredo Alfredo, dove un bravissimo Dustin Hoffman veniva perseguitato da un'altrettanto brava Stefania Sandrelli che l'assillava con telefonate in cui gli chiedeva: che fai? che pensi? Bene, oggi voglio scrivere cosa penso: sono stufo di vedere il faccione butterato e sudaticcio dell'ex governatore Nichi Vendola (deve avere un problema di secrezione sebacea molto accentuato)! Non voglio entrare nella polemica uterosì-uterono ma voglio denunciare l'assurdità di questa diatriba su un uomo ridicolo che dichiara di "dover" accettare 5 mila euro di vitalizio mensile perché proviene da una famiglia di umili origini ma si permette il lusso di spendere più di 100 mila euro per avere un figlio d'accudire che rispetta i canoni estetici che più gli aggradano! Domande: ma le femministe non lottavano contro la mercificazione del corpo qualche decennio fa? Ma non erano i nazisti che facevano esperimenti d'accoppiamento per ottenere dei prototipi di razza pura? (Oddio, v'immaginate una nuova razza "Vendola"?) Ma il signor Vendola non è uomo di sinistra? Ma cosa vuol dire essere di sinistra? 
Decisamente l'ex-governatore della Puglia è un uomo ridicolo con buona pace di tutti coloro che su FB hanno contrapposto i benpensanti che accusano Vendola contro i benpensanti che accusano Berlusconi. Come se essere pro-Vendola vuol dire porsi contro Berlusconi e viceversa. Sono entrambi due uomini ridicoli (ciò non toglie che siano pericolosi!) come sono ridicoli anche i benpensanti (anche loro pericolosissimi!). Quindi caro FB, pieno d'imbecilli (lo diceva la buonanima di Eco Emoticon smile !), io penso che in questi frangenti dovremmo forse meditare un po' di più, non su personaggi ridicoli, ma sulla tragedia che si sta compiendo alle porte di questa ipocrita Europa in procinto di sgretolarsi: i profughi premono alle nostre frontiere e non riusciremo a contenerli a meno che qualche pazzo Stranamore non decida di cannoneggiare donne e bambini! Io penso caro FB che dovremmo essere più attenti al momento storico che stiamo attraversando perché a breve il problema dello stepchild adoption e degli uteri del signor Vendola saranno delle scoregge nella tempesta. Lo so, caro FB, i miei sono pensieri foschi forse per questo è meglio che li tenga per me. Prima di concludere ... io sto con gl'imbecilli, caro FB, a dispetto del compianto Umberto. 

Cordialmente, 

Italo Persegani

venerdì 15 gennaio 2016

Come contrastare l'ostracismo di alcuni siciliani noiosi


- In Sicilia il mattino: ti svegli, apri le imposte ed esci sul terrazzo. Ti lasci coccolare dal tepore del primo sole e ti siedi ad osservare con rinnovato stupore il panorama che l'isola ti offre. Potresti starci per ore lasciando che il vuoto s'impadronisca della tua mente che piano piano s'intorpidisce, s'anestetizza e tu non provi più niente. Dopo un po' ti ribelli a qualsiasi stimolo perché t'affezioni alla tua vacuità. Ecco, tutto ciò mi fa paura: non voglio smettere di pensare, non desidero che il mio pensiero s'atrofizzi. La Sicilia mi terrorizza. -
Così mi dice la mia amica Martine, guardandomi con i suoi occhi chiari di savoiarda sedotta dal mar Mediterraneo.
- Non è facile resistere all'anestetico che ti viene somministrato. Pensa che i siciliani lo ingeriscono dai primi giorni di vita! Sì, forse quello che tu dici spiega tante cose dei Siciliani. La Sicilia terrorizza anche me e certe volte ho voglia di scappare a gambe levate ma se lo facessi penserei d'essere un vigliacco. - le dico e per quanto cerco d'avere uno sguardo ironico non so se riesco a nascondere l'inquietudine che pervade il mio animo.


Che la Sicilia sia un'isola incantata? Che abbia ricevuto una maledizione da uno stregone cattivo?
Forse. 
In certi giorni, solamente attraverso il misticismo riesco a trovare delle risposte a delle domande che altrimenti rimarrebbero vuote: perché alcuni miei coisolani sono così resistenti al cambiamento? Perché sono incapaci a trovare delle soluzioni? Perché sono così irriducibilmente sospettosi? Perché sono così supponenti?
Non nascondo che certe volte, dopo discussioni che profumano di surrealismo, io mi sento un po' svuotato ed anche confuso e non trovando spiegazioni ai miei quesiti mi lascio invadere dallo smarrimento e cerco rifugio nell'irrazionale. Mi trovo nella stessa situazione di chi, senza volerlo ammettere apertamente, consulta l'inutile oroscopo in cerca di consolazione nei momenti di scoramento.
Per fortuna mi riprendo velocemente poiché, se m'abbandonassi ad interpretazioni sovrannaturali, mi dovrei dichiarare sconfitto nei confronti di tutti quei siciliani che cercano di far credere che la Sicilia sia un'isola non conforme al resto del mondo e dove s'applicano regole diverse ed ineluttabili. Di conseguenza ogni resistenza è vana di fronte all'ineludibile in quanto si contrasta qualcosa che è più grande di noi. 
Per andar per le spicce, tutto ciò si chiama fatalismo.


A conferma di questa tesi s'adduce alla Storia: in Sicilia è sempre stato così e sempre sarà!
In genere io rispondo: certo la Storia è maestra di vita ma non per questo deve sempre ripetersi nella stessa maniera nei medesimi luoghi! Certo, la cultura siciliana consolidata nel tempo è stata quella della sottomissione della maggior parte della popolazione sotto una classe dominante parassita, ma guardare il passato per spogliarsi della responsabilità di gestire il proprio futuro mi sembra un'attitudine da irresponsabili, da immaturi. Si deve guardare alla Storia, non perché gli eventi più nefasti si ripetano, ma per evitare che siano ancora replicati.


Messa da parte l'argomentazione storica alcuni miei coisolani sfoderano una frase troppo pubblicizzata, una citazione del "Gattopardo": tutto cambia perché nulla cambi.
La mia replica: una frase del genere non fa onore sulla bocca di chi la cita, perché si tratta d'un motto detto da un componente d'una classe parassita. Io non amo il "Gattopardo" perché è un libro che edulcora e celebra una famiglia d'inetti ed approfittatori come lo sono sempre state le famiglie nobili siciliane che non vantano personaggi paragonabili a quelli dei casati del continente europeo. Al romanzo di Tomasi di Lampedusa, preferisco l'affresco fatto da De Roberto. "I Viceré" mi sembra più veritiero e più simile a ciò che deve essere stata la realtà. 
Ma al di là di prese di posizione sul contenuto letterario delle due opere, io penso che la su citata frase non ha nessun senso se estrapolata dal contesto in cui l'autore ha voluto metterla. Infatti se fosse di riferimento alla Storia dell'umanità noi dovremmo essere ancora fra i rami dei Baobab in Africa a chiederci se sia o no il caso di scendere dagli alberi perché il farlo non cambierebbe niente!


Finite le trattazioni letterarie in genere, le discussioni si trascinano e dopo un po' si trasformano in battaglie dialettiche che diventano fine a se stesse. Altre volte proseguono con uno snocciolare d'esempi di tutti coloro che hanno voluto avventurarsi nel sentiero del cambiamento ma che alla fine sono sconfitti ed avviliti (perdonatemi se apro ancora una parentesi letteraria: tutte queste storie  di dannati dovrebbero far capire finalmente per quale motivo la compagnia dei traghetti fra Messina e Villa San Giovanni ha un nome così lugubre: Caronte. Perché fa riferimento all'Inferno di Dante ed alla scritta che ne sovrasta l'ingresso: lasciate ogne speranza voi ch'intrate!).
Quand'ero più giovane e più irruento, questa polemica mi rendeva aggressivo ed abbandonavo il campo piuttosto alterato. La senilità mi ha insegnato la resistenza ed adesso ho imparato a mettere alle corde anche i più irriducibili senza lasciarmi impressionare dalle loro storie di dannati isolani.
A questo punto snocciolano la fantomatica frase: tu sei stato troppo lontano dall'isola ed hai dimenticato cos'è la Sicilia!
Eccola finalmente!
Aspetto questa affermazione con impazienza: il mio interlocutore non ha più argomenti ed io posso infilzarlo col mio stiletto.
La prima reazione è quella di mostrarmi offeso perché s'adduce ad una mia perdita di memoria come se si volesse far riferimento ad un invecchiamento precoce. In genere questa mia replica mette a disagio il mio interlocutore:
- Ma cosa dici? Non volevo offenderti volevo solo dirti che la nostra realtà ti è lontana! -
- No, mi dai del rincoglionito ... -
Questa mia superiorità sul piano psicologico mi permette di passare all'attacco senza che l'altro possa troppo risentirsi.
- Vedi, io ho lasciato la Sicilia e questo m'ha permesso di conoscere nuove realtà che ho potuto mettere a confronto con quella nostra e sono arrivato ad una conclusione: la Sicilia vuole restare quel che è perché al siciliano medio, quello più miope, conviene che sia così! In fin dei conti la qualità della vita non è peggiore di quella che si può trovare altrove. Sì, le strade fanno schifo, l'immondizia lorda i paesi e le campagne, i servizi non esistono ma chi se ne frega? Vivere si vive e comunque se c'è un problema ci s'arrangia ... nessuno pretende la perfezione e lo stress è fra i più bassi che si possano registrare ... in fin dei conti perché complicarsi la vita? ... beh, perché te lo dico io: la Sicilia sta morendo e non ci sarà nessuno che penserà a salvarla se non lo facciamo noi stessi. La politica del tirare a campare perché "comunque qualcosa accadrà per tirarci fuori dalla merda" ha i giorni contati. Il mio non è semplice pessimismo ma purtroppo del realismo. La leggenda che la Sicilia la capiscano solo i siciliani non tiene più ed semplicemente un ridicolo e noioso "leitmotive" che suona stonato. Le mie considerazioni partono solo da una constatazione: o sappiano mostrarci in grado di competere acquisendo vere competenze e "savoir faire" in modo da saper guadagnarci la vita autonomamente oppure saremo abbandonati a noi stessi. -
A questo punto ecco che viene presentata l'ultima e più strenua argomentazione:
- Per fare tutto quello che dici, ci vogliono infrastrutture, investimenti e quindi finanziamenti ... ci vogliono i "piccioli"! Dove li pigliamo i "piccioli"? -
No, non bisogna farsi impressionare da questa che dovrebbe essere una disperata osservazione.
- La Sicilia di soldi ne ha ricevuti molti, tanti ... ma cosa n'ha fatto? ... beh, lo sappiamo! Inutile farci del male ricordandocelo. Perché dovrebbero darcene altri? ... se vogliamo riceverne ancora dobbiamo semplicemente essere convincenti e mostrare con piani concreti e seri che chi investe avrà ritorni e non butterà i soldi in un pozzo senza fondo. Dobbiamo mostrare che sappiamo realizzare e far dimenticare che siamo capaci di coprirci di ridicolo con esecuzioni d'opere che dopo decenni non hanno ancora visto la luce. Dobbiamo imparare a progettare, a studiare prendendo il nostro destino in mano, acquisendo un vero senso civico ed abbandonando la nostra stupida presunzione sull'ineluttabilità del nostro destino. Le nuove generazioni potranno farlo se noi smetteremo d'imporci come esempio da seguire. Noi siamo fottuti! -
- Tutta teoria la tua ... non succederà mai quello che dici tu! - ed ecco l'anatema - Tu rimarrai solo e sarai sommerso dai "ma c'a fari chistu?" (per i non poliglotti: ma cosa vuole fare questo?) -
A questo punto, in genere chiedo:
- Ma cosa proponi tu, allora? -
Lo sguardo dell'intelocutore si perde, vuoto.
Allora mi rendo conto che non ho di fronte a me qualcuno che ha il cervello anestetizzato ma purtroppo qualcuno che ha subito una lobotomia. Inutile proseguire.
La situazione è veramente grave, irreversibile, da ricovero immediato.


Per fortuna che fra noi siciliani ce ne sono sempre di meno d'ammalati così letali.
Si tratta di combattere un'epidemia che può essere perniciosa quanto l'Ebola: bisognerà circoscrivere la zona, fare un cordone sanitario ed aspettare che i malati più gravi muoiano. Se si vuole entrare nell'area di contagio sarà d'uopo d'armarsi di maschere ed indossare delle bardature che impediscano ogni contatto.
Che la Sicilia non abbia bisogno di "Medici senza frontiere"?


martedì 12 gennaio 2016

Il laboratorio spaziale



- Papà hai ascoltato “Space Oddity” cantata dall’astronauta canadese? –
- Tu parli della canzone di David Bowie? –
- Sì, è stata la prima canzone registrata nello spazio. Guarda ed ascolta … -
Sto scrivendo un articolo ma lui s’impossessa del mio mouse e va su Youtube.
Entrambe osserviamo l’inizio del video.
Delle note di piano accompagnano il volo del laboratorio spaziale sospeso nel cielo mentre sotto di esso scorre una terra nuvolosa.
La musica è lenta quasi svogliata ma presto riesco a distinguere il motivo vecchio più di quarantacinque anni.
Forse sono trascorsi gli stessi anni da quando frequentavo Carmelo.
Mentre il video mostra l’astronauta dalla voce triste cantare io penso alla rimpatriata di oggi col mio vecchio compagno di classe.


Ci siamo dati appuntamento ad Augusta, in un bar.
- Ti ringrazio d’essere venuto da Noto. –
- L’ho fatto con piacere per rivedere un vecchio compagno di classe e per discutere con te del progetto dell’associazione “La Sicilia e noi” che vorrei costituire. –
Guardai Carmelo.
Avevo di lui un’immagine un po’ confusa, troppo lontana nel tempo. Cercai d’immaginarmi le sue fattezze d’adolescente ma non fu facile. Davanti avevo un signore con i capelli canuti quasi immacolati ed un viso rotondo dai tratti gentili.
Mi chiesi cosa vedeva lui in me.
Un uomo un po’ imbolsito e con i capelli e la barba grigia … niente di più.
- Io non mi sono mai mosso da Augusta. – esordì.
- Io me ne sono andato a malincuore all’età di quindici anni ma non ci sono più voluto tornare … troppo sconquassata ed imbruttita, troppo lontana dai miei ricordi. Dieci anni fa sono tornato in Sicilia ma per costruirmi una casa a Noto … adesso quasi ci abito. –
Ci raccontammo un po’ la nostra vita e mi resi conto che l’unica cosa che avevamo ancora in comune erano solo gli anni delle scuole medie passati sugli stessi banchi di scuola.
Ben presto ci rendemmo conto che non avevamo nient’altro da dirci. Ma Carmelo rilanciò l’argomento che ci aveva portato ad incontrarci.
- … bene, allora vuoi fare un’associazione se ho ben capito leggendo il post che hai pubblicato su Facebook … un caffè, per favore. – chiese alla cameriera che ci guardava – Tu vuoi niente? –
- Un caffè, anch’io. Grazie … sì, certo voglio creare un movimento d’opinione! –
- Vuoi fare la rivoluzione? –
- No, nessuna rivoluzione … vorrei che le cose cambiassero e che la gente cominciasse ad aggregarsi. –
- Per far che? –
- Per non permettere che la Sicilia si sgretoli e che non rimangano solo macerie. –
- Insomma vuoi fare della politica. –
- Ma quale politica! Vorrei creare solo un’associazione che faccia pressione sui politici e non importa per quale partito militino. -
Carmelo mi guardò con aria inespressiva.
- Non capisco spiegati meglio. –
- Ecco, io penso che l’unica ricchezza rimasta su cui può puntare la Sicilia sono le vestigia che la storia ci ha lasciato … insomma il patrimonio artistico, culturale e quello paesaggistico … bisognerebbe portare più riguardo a quest’ultimo perché attraverso esso si può creare lavoro. Si può attirare l’attenzione d’investitori che credono nella Sicilia … inutile cercare finanziamenti statali con l’Italia e la regione Siciliana indebitati fino al collo. La nuova generazione può sperare nell’occupazione. –
- Belle parole, ma qual è la tua strategia? –
La cameriera ci portò i due caffè.
Era truccata come Amy Winehouse e sulle punte delle unghie s’era fatta incollare degli artigli dai colori impossibili.
Mi chiesi come diavolo faceva a lavorare con quelle dita.
Carmelo ed io prendemmo una pausa.
Il mio ex-compagno di scuola beveva il caffè amaro, io invece, dentro la tazzina, ci versai l’intera bustina di zucchero.
- Ecco tutto si deve muovere su due assi: uno promozionale affinché si sviluppi una vera presa di coscienza del vasto patrimonio di cui siamo detentori, l’altro di denuncia nei confronti delle amministrazioni inadempienti o distratte. Insomma sarebbe bello che fra le tante promesse che fanno i politici per farsi eleggere ci sia anche quello del recupero e della valorizzazione delle ricchezze regionali! –
- Promesse, promesse … sai quante te ne fanno i politici? Una volta eletti chi si ricorda delle promesse? … eppoi io non credo che tutta questa attività di denuncia porti a qualcosa … i politici se ne fregano e tu ti fai molti nemici … a cosa serve farsi dei nemici? –
- Beh, se t’investi in una causa qualche nemico te lo fai. –
- Ma tanto qui non cambia nulla … ti sei messo su internet alla ricerca di chi crede nella valorizzazione della Sicilia, tutti t’inviano i loro “mi piace” ma poi, quando si deve fare qualcosa … ti lasciano solo. –
- Insomma la filosofia del Gattopardo ancora non è morta da queste parti. -
Rimanemmo in silenzio mentre io mi chiedevo perché avessi deciso di perdere quel pomeriggio ad Augusta.
- Sai cosa diceva mio nonno? – chiese ad un tratto Carmelo.
- No, cosa diceva tuo nonno? –
- Vasa ‘dda manu ca vo’taghiata … bacia la mano che vorresti tagliata. –
- Forse bisognerebbe smetterla di baciare le mani e pensare a tagliarle un po’! Sai che dice un mio amico palermitano? –
- No, che dice? –
- Che se si vuole pulire la Sicilia e renderla migliore, bisogna togliere il tappo per farla affondare. Aspettare venti minuti e farla riemergere. Poi, levare il tappo di nuovo per farla nuovamente affondare per evitare che qualche siciliano sia ancora sopravvissuto. Alla fine la si fa riemergere definitivamente … ecco, anche se lui racconta ciò per far divertire gli amici, io in questo momento ascoltandoti vorrei andare a cercare il tappo. –
- Attento, perché magari annegato ci finisci tu. –
- Sì, certo, ma io la mia vita l’ho fatta … l’importante è che i miei figli, la gioventù che verrà dopo di noi sappia nuotare e meriti di restare a galla. Noi abbiamo il dovere di nutrire almeno la speranza delle generazioni che seguiranno la nostra. –
- Eccola la nuova gioventù! – disse il mio ex-compagno di classe indicandomi un gruppo di giovani che facevano capannello nella piazza – Tutti col bicchiere in mano e con i capelli tagliati come se avessero sulla testa uno scopino del cesso! -
No, non ci lasciammo bene con Carmelo … chissà se fra quarantacinque anni c’incontreremo ancora?


Ormai sullo schermo scorrono le ultime immagini dell’astronauta canterino.
Sono passati più di quarantacinque anni da quando quella canzone è stata scritta ed adesso è arrivata pure nello spazio mentre qui in Sicilia nulla è cambiato.
No, io non farò la rivoluzione spero però che un giorno qualcuno la faccia.
Ma dallo spazio, guardando la Trinacria, non è possibile vedere dov'è stato messo il tappo?




domenica 10 gennaio 2016

La Sicilia e noi




In un mondo che è sempre più globalizzato e che sta vivendo un cambiamento strutturale che marcherà la vita di coloro che verranno dopo di noi, io penso alla mia Sicilia. Così piccola, in fondo, con solo cinque milioni d’abitanti (cosa possono contro i sette miliardi del resto del globo?) e con una popolazione che sta invecchiando perché le nascite stanno sempre più diminuendo.
Mi chiedo dove va l’isola che mi ha dato i natali, che mi ha ospitato fino alla mia adolescenza, che mi ha procurato le emozioni che hanno accompagnato la mia vita?
Non so dove andrà e cosa diventerà. No, non lo so.
So solo quello che non vorrei che diventasse: una terra morente a causa dell’indifferenza e della stupidità di certi suoi figli.
Ecco io vorrei che non si spegnesse, che non si sgretolasse, che non sparisse … vorrei che vivesse.
Cosa fare?
Beh, forse bisognerebbe porsi una domanda? La Sicilia è un’ammalata grave?
Io non lo credo e la mia convinzione si consolida quando vago nelle sue terre quando parlo con i siciliani più illuminati (non siete pochi, credetemi!).
Allora mi dico che bisogna sedersi al capezzale della Sicilia e cominciare a somministrare delle medicine che le consentano di recuperare le forze per non farla cadere in una grave malattia irrecuperabile.
Bisogna che l’isola riceva delle cure ricostituenti ed è inutile andarle a cercare al di fuori dei suoi confini perché le medicine sono là, a portata di mano.
Le medicine siamo noi.
Sì, noi con la nostra consapevolezza di vivere in una terra magnifica e che non vogliamo che sia avvilita dall'ignoranza e dalla barbarie.
Per poter compiere questa impresa dobbiamo cominciare ad metterci insieme vincendo quell'individualismo che ha connotato la nostra storia millenaria.
Ecco, bisogna associare le nostre forze.
Metto fine a questo preambolo è passo al dunque:
vorrei proporvi la costituzione di un’associazione il cui scopo è quello di valorizzare e di far scoprire le bellezze paesaggistiche ed architettoniche della Sicilia!
L’intento non è solo promozionale ma più concreto: promuovere azioni d’intervento per salvaguardare le ricchezze storiche dell’isola. La Sicilia, infatti, raccoglie testimonianze della civiltà mediterranea pregne d’inestimabile valore e che rischiano d’essere perdute per disattenzione, incuria e vandalismo.
Questa è la medicina di cui ha bisogno la nostra degente.
Non è infrequente che l’isola riceva degli elogi per il suo patrimonio e che ciò ci renda fieri tanto da spingere noi siciliani ad esternare il nostro orgoglio che si trasforma in autocompiacimento. Purtroppo tale atteggiamento porta ad indulgere su fatti ed avvenimenti che meriterebbero, invece, una chiara condanna e che conducono al degrado della Sicilia.
Quante volte per impotenza e per rassegnazione non abbiamo voluti vederli?
Quante volte abbiamo distolto lo sguardo dai cumuli d’immondizia o abbiamo fatto finta di non vedere l’incuria che rosicchia la bellezza d’edifici che hanno conosciuto periodi di fasto? Quante volte ci siamo arresi alle devastanti costruzioni che hanno reso orripilante il paesaggio delle nostre più belle città? Quante volte abbiamo osservato con orrore ed impotenza gl’incendi dolosi che bruciano ed anneriscono l’isola? Quante volte ci siamo sentiti offesi per l’arroganza di coloro che incuranti del bene comune hanno costruito dove non era permesso? Quante volte abbiamo assistito impotenti all'inquinamento dei nostri mari?
Tante volte, forse troppe.
Ecco l’associazione che vorrei creare s’indirizza a coloro che con orgoglio dicono: la Sicilia è bella!
Penso che il bacino d’utenza a cui mi rivolgo è vasto e comprende non solo tutti i siciliani ma tanti non isolani che credono nella Sicilia. Tale consapevolezza nutre in me la presunzione nel pensare che saranno molti ad aderire.
Tengo ad aggiungere che la motivazione che mi spinge a proporre questa associazione non è solamente estetica ma risiede anche nella consapevolezza che il futuro di noi tutti e delle prossime generazioni è la salvaguardia del nostro patrimonio. Infatti solo attraverso esso sarà possibile sviluppare e consolidare l’attività turistica che è rimasta il vero e solo motore dell’economia isolana.
Piuttosto che dilungarmi nella prosa preferisco schematizzare qui di seguito i principali assi su cui si dovrebbe muovere l’associazione "La Sicilia e noi" :

Obbiettivi dell’associazione

a)  Portare alla conoscenza d’un più vasto pubblico, attraverso strumenti mediatici, i monumenti, le bellezze paesaggistiche del territorio;
b)  Segnalare monumenti e siti nascosti o misconosciuti e dimenticati per favorirne il recupero e la valorizzazione;
c)  Denunciare tutte le azioni che possono portare al degrado del patrimonio isolano;
d) Divenire un movimento d’opinione che faccia pressioni a tutti i livelli, soprattutto politico, per favorire gl’interventi di recupero e di salvaguardia. L’associazione non è un organismo politico;
e)  Effettuare un’azione pedagogica in modo tale che fin dai primi anni d’istruzione si riesca a rendere sempre più sensibili le generazioni future al fenomeno della salvaguardia del patrimonio.

Strumenti operativi dell’associazione

a) Il social network Facebook attraverso il quale saranno visibili i dibattiti dei membri dell’associazione. La trasparenza dei confronti sono alla base della filosofia dell’associazione. Attraverso lo stesso mezzo sarà possibile effettuare le votazioni degli organi direttivi che rimarranno in carica per solo due anni;
b) Il social network fotografico Instagram per documentare visivamente sia il patrimonio per denunciare il suo degrado;
c) Escursioni autofinanziate ed organizzate dai membri dell’associazione;
d) Sessioni pedagogiche a favore degli alunni delle elementari e delle medie.

Organi direttivi e di coordinamento

a)  Il presidente è eletto attraverso Facebook ed eleggibile per soli tre mandati consecutivi. I mandati sono annuali. Il compito del presidente è coordinare l’attività dell’associazione e fissare le priorità delle azioni da mettere in atto nel corso del suo mandato. Le priorità deve essere resa nota agli associati prima dell’elezione. L’elezione è diretta;
b) Il Comitato esecutivo è eletto attraverso Facebook. Come per il presidente i singoli membri sono eleggibili solamente per tre mandati annuali consecutivi. Ogni componente del mandato esecutivo avrà un compito specifico (es. segretario, tesoriere, responsabile dei network, responsabile pedagogico, responsabile culturale);
c) Responsabili operativi sono a capo della zona d’appartenenza ed ogni loro mandato è di almeno tre anni.
d) Tutti i componenti degli organi direttivi e di coordinamento sono volontari e non sono retribuiti. E’ previsto solo il rimborso delle spese previa autorizzazione del comitato esecutivo.

Queste sono, dunque, le linee guida dell’associazione che sarà costituita prossimamente.

Io vi aspetto su FB, la Sicilia vi aspetta … siate militanti. 

mercoledì 14 ottobre 2015

Grazie Facebook ...

Sì, lo confesso: ho resistito qualche anno prima d'entrare su Facebook.
Alla fine i miei figli m'hanno convinto.Ho diverse persone a cui ho proposto l'amicizia ed altre me l'hanno chiesta ... la maggior parte persone perfettamente sconosciute, molti conoscenti, pochi gli amici.Ormai regolarmente, anzi con cadenza quotidiana, ci entro dentro a curiosare. Controllo il mio blog su cui automaticamente si trasferiscono i miei racconti scritti sul "Guazzabuglio" di Google e poi vado a mettere il naso, anzi il cursore, nei fatti degli altri che benevolmente amano esibire. Ci sono le più svariate tipologie umane e proprio per questo amo Facebook: l'invasato religioso, le ossessionate dalle proprie immagini, gli adoratori dei selfies, il talebano ecologico, il cretino cronico, i paranoici di qualcosa, gli articoli di qualche giornale di provincia ... insomma c'è il mondo!Ma quello che m'intriga di più è scoprire quanti ex colleghi di lavoro sono nel social network, un po' ingessati, in verità, soprattutto coloro che occupano posizioni di prestigio in ambienti aziendali. Quando lavoravo sapevo in modo molto pertinente che alcuni addetti delle risorse umane spiavano le pagine dei dipendenti-membri per scoprire cosa si celava dietro essi. Forse per questo i grandi capi che conosco l'attività di spionaggio dei loro emissari mantengono dei profili il più possibile "normali".
Coloro che amo di più sono coloro che nella vita professionale li ho considerati in modo minore, delle persone grigie.
Facebook mi ha fatto comprendere quanto sia fallace ed irrispettoso il giudizio che si può dare alle persone in ambito lavorativo.
Molte delle persone che io ho giudicato (ed insieme a me molti di coloro che decidono delle carriere degli uomini e delle donne che popolano la fauna aziendale) appaiono sui social network mostrando la loro vita privata, i loro figli, i loro amici ed io ho scoperto che non è vero che sono grigi ma pieni di colori, dei veri arcobaleni!
Forse la mia riflessione può sembrare banale e del tutto inutile ma solo adesso che mi sono allontanato dal mondo del lavoro aziendale riconosco il conformismo che viene domandato per lavorare nelle grandi strutture, quanto si scolora la vita d'un uomo fino a renderlo anonimo e totalmente opaco! Su Facebook incontro le stesse persone che per me erano anonime e m'accorgo che sono amati, stimati e che hanno anche una vita riempita da piccole ed importanti emozioni.
Solo adesso mi rendo conto di quanto io mi sia inaridito in quasi trentacinque anni vissuto al servizio di realtà aziendali.
Sì, grazie Facebook per avermi ridato delle diottrie dopo che il mito della carriera, del potere e dei soldi mi avevano reso miope.

mercoledì 31 dicembre 2014

I perdenti


Non so perché, ma da un po' di giorni mi dico che voglio scrivere un pezzo sui perdenti. 
Perché? 
Perché mi piacciono. 
Ho una naturale simpatia verso i perdenti. Non per questo aspiro ad essere tale, anzi sono sicuro che nessuno vuole esserlo. Eppure si è perdenti e nel mondo sono più numerosi coloro che appartengono a questa classe che a quella dei vincenti.
Ma chi sono i perdenti?
Coloro che non vincono, semplice, no?
Allora lo siamo tutti, non si è mai completamente vincitore nella vita, anzi non lo è nessuno perché, alla fine, moriamo ed anche i vincitori che nulla possono contro la morte. 
Discorso chiuso, direte voi!
Ed invece no, perché in questa vita noi ce ne freghiamo della morte e facciamo tutto come se non esistesse, come se riguardasse gli altri, non noi.
Provate a pensare alla morte e tutto vi sembrerà caduco: la carriera, il lavoro, i soldi, la bellezza ... eh sì, anche l'arte! La mia cara ed amata arte! Concentratevi sull'opera più bella che, secondo il vostro gusto e la vostra inclinazione, un uomo abbia mai eseguito. 
Per quanto bella possa essere, per quanto sublime rimane vacua di fronte alla ineluttabilità della morte.
Hominem te esse memento! Memento mori! (Ricordati che sei un uomo! Ricordati che devi morire!),sussurravano all'orecchio dei generali gli schiavi che li accompagnavano nella loro marcia trionfale.
Diciamocelo: la morte è una minchia di problema a cui tutti gli uomini, da quando sono esistiti, si son dovuti confrontare.
Tutte le religioni e tutte le filosofie che gli esseri umani hanno concepito avevano il fine ultimo di spiegare la morte o quanto meno di giustificare la vita. Certo, che d'energie fantasiose ce ne abbiamo profuse! Ma il problema è ancora lì ed ogni spiegazione e giustificazione, alla fine, ha sempre almeno una falla.
Quindi non sarà certamente da queste quattro povere righe che uscirà la risposta all'annoso problema.
E poiché si tratta di qualcosa d'irrisolvibile preferisco ignorarlo, proprio come voi tutti fate.
Quindi torniamo a noi, cioè ai perdenti.
Perché ci sono i perdenti? Perché gli esseri umani spinti da una forza irrazionale devono lottare sempre contro qualcosa o qualcuno per finire vinti o vincitori. Quando vincono si trovano un'altra sfida ... e così via, l'avventura ricomincia.
Personalmente se il processo fosse rivolto solamente verso le "cose", la "natura crudele"o  le malattie non mi sentirei capace di dare alcun giudizio negativo alla lotta per la ricerca della vittoria. Così non è quando invece l'uomo ha bisogno di lottare e di vincere per sottomettere altri uomini.
Ecco, in questo caso il mio pensiero si ribella.
Posso ribellarmi quanto voglio ma così è se vi pare o no!
Gli esseri umani trascorrono la maggior parte del loro tempo a battersi fra di loro cercando d'affermarsi gli uni sugli altri. Ciò avviene in qualsiasi ambito ma quello che restano i principale sono l'accumulazione della ricchezza e la presa del potere. Su questi due campi di battaglia chi s'impone può permettersi di proclamarsi vincitore assoluto ed s'inebria così tanto da illudersi d'essere al di sopra degli altri. Non più tardi d'un secolo e mezzo fa esistevano monarchi che si dicevano re od imperatori per volontà divina! Adesso nessuno si proclama asceso al trono per volere di Dio (sì, ce n'è uno: il papa!) ma sono intimamente convinto che, fra i potenti della terra, vi siano coloro che lo pensano anche senza confessarlo!
Ricordate Charlie Chaplin quando faceva giocare Hitler col mappamondo? Beh, chi mi dice che al chiuso d'una stanza non ci sia qualcuno che faccia la stessa cosa?
La ricerca dell'affermazione, del successo, la volontà di scalare una piramide fatta di essere umani per arrivare fino alla cima e sedercisi sopra, sembra essere l'istinto che condiziona l'agire di ogni uomo o donna. Ce lo insegnano nelle scuole fin da quando siamo piccoli e c'infarciscono d'ammirazione per uomini come Alessandro Magno, Cesare, Augusto, Carlo Magno, Tamerlano, Solimano, Gengis Khan, Napoleone ... tutte vite su cui si basano i modelli di riferimento della nostra società. Spesso si ripetono i loro aforismi (spesso banali) citati come frasi dal contenuto divino neanche se fossero estratti dalle tavole dei dieci comandamenti. Non sono più umani, ma super-uomini ... dei, insomma! Per me restano e rimangono dei psicopatici (con le dovute eccezioni!) disposti a tutto pur di salire in cima della piramide umana.
Siamo impregnati dalla cultura del successo perché si ritiene che questa sia il motore dell'umanità. Tale concezione è talmente radicata che è diventata un'ossessione tanto che in alcuni paesi dell'estremo oriente (Cina e Corea, per esempio), l'hanno adottata come modello per educare le ultime generazioni che dovranno diventare le prossime classi dirigenti.
Da quelle parti, nei paesi cosiddetti emergenti cercano d'emulare quello che viene mostrato dai paesi occidentali come il modello sociale  che dovrebbe renderli finalmente emersi!
Fra questi quello che conosco meglio, dopo l'Italia, è la Francia. I cisalpini hanno un sistema scolastico molto selettivo che mira a selezionare una ristretto numero di persone che dopo dovrebbero essere i funzionari dell'apparato statale. Tale organizzazione, detta delle "Grandes Ecoles", fu concepita (manco a dirlo) da Napoleone.
In realtà, nel secondo dopo guerra i grossi gruppi hanno attinto da queste università per cooptare nelle loro strutture i futuri grandi "manager". A partire da certi livelli di dirigenza, li trovate dappertutto, nelle grandi aziende e, spesso, oltre al loro curriculum scolastico sono legati da solide connessioni massoniche. Ciò che m'impressionò quando cominciai a vivere in Francia fu scoprire come la predestinazione al "successo" nelle giovani generazioni fosse già stabilita a ventiquattro, venticinque anni e come questi individui si sentano già vincenti, socialmente parlando, in giovane età. Com'è possibile che la nazione che ha prodotto la rivoluzione dei perdenti più famosa del mondo (il quarto stato), abbia ricreato dopo duecento anni un sistema dove esiste ancora una classe (quella dei burocrati) che domina sugli altri?
Che la controrivoluzione non sia ancora finita in Francia?
Mah!
Comunque sia, la società organizzata fra vincitori e vinti, fra dominati e dominanti è ancora imperante e rappresenta un elemento di frustrazione per chi non riesce ad arrivare ai vertici della piramide ma resta alla base.
Ultimamente ho pranzato con un signore che può essere considerato fra coloro che hanno fatto una invidiabile e brillante carriera nell'ambito di grossi gruppi industriali francesi (è stato a capo di tre delle più importanti aziende cisalpine). Purtroppo una malattia ha arrestato il suo progredire e malgrado che i suoi problemi di salute siano stati sconfitti lui ormai è fuori dal "grosso" giro!
L'ex-grand'uomo aveva l'aria un po' mesta, forse avvilita.
- Che fa adesso? - gli chiesi.
- Mah, vorrei dare una mano ad altri capi d'azienda per far crescere ancora di più le loro società! -
- Insomma, vuole fare il consulente ... il consigliori. -
- Il cons ... chi? -
- Sa, io sono siciliano ... nelle strutture mafiose ci sono coloro che consigliano ai capi ... gli advisor ... i consigliori, per l'appunto! -
- Ah, capisco. -
- ... e se invece la piantasse lì? ... invece di ronzare attorno al potere e di fare come gli ex-fumatori che sniffano il fumo delle sigarette degli altri ... girasse le spalle a tutto ciò e si dichiarasse finalmente "vinto"? Noi due abbiamo grosso modo la stessa età, se le statistiche hanno ragione, con un po' di fortuna dovremmo vivere ancora vent'anni. E lei vuole ancora stare lì a giocare a fare il manager? Perché? -
Non so se si toccò i suoi attributi sotto il tavolo (l'uomo ha vissuto diversi anni in Italia) ma non rispose. 
- E' bello essere della parte dei vinti ... - dissi forse ispirato dal buon Bordeaux - Noi siamo tanti, siamo quelli che facciamo l'umanità siamo alla base, senza di noi la piramide non esisterebbe neanche. Noi esisteremo sempre, magari in incognito, coloro che sono in cima non ci saranno più, sono destinati ad essere ricambiati, rimpiazzati ... anche noi lo saremo  individualmente ma la  nostra classe è solida e forte in quanto siamo un blocco unico, siamo anonimi e quindi duraturi. Noi, quelli della base, possiamo avere la mia faccia, quella dei miei figli, dei miei nipoti ma esisteremo sempre anche se ignorati. Son quelli come noi, che hanno costruito le città, i ponti, le muraglie Cinesi. Siamo noi che diamo la vita a questo mondo. Siamo in maggioranza, siamo quasi sette miliardi e per questo siamo i più forti. I vincitori fanno quello che vogliamo noi, loro non lo sanno ma sono i perdenti che fanno la storia. I perdenti restano, sopravvivono, i vincitori no e spesso spariscono nel mare magnum dei perdenti. E' solo una questione di tempo. -
L'ex grand'uomo mi guardò e non rispose.
Io alzai il calice che conteneva ancora qualche goccia di vino rosso.
- Brindiamo, brindiamo ai vinti ... brindiamo a noi! -
Continuò a guardarmi senza favellare, perplesso.
- ... io brindo ai perdenti ... che alla fine non perdono mai ... lei, lei faccia la minchia che vuole! -

... e così sia.