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lunedì 27 gennaio 2014

Una difficile integrazione



E' la prima domenica in cui la Francia è ufficialmente senza la première Dame (la prima signora; nota del traduttore).
- ... e chi se ne frega? - penso io guardando dalla finestra i francesi che trascinano la loro sporta con ruote al mercato domenicale.
Sul tavolo vibra il cellulare.
- Pronto, ciao Tesoro. -
- Ciao, papà. Che fai? - mia figlia è la sola che mi pone tale domanda. In generale, i suoi fratelli sono meno interessati.
- Niente, guardo fuori dalla finestra ... m'annoio. -
- Ed il tempo? Com'è? -
- Parigino. Cielo coperto con la minaccia di pioggia. -
- Papà ... -
- Sì? -
- Hollande ha cacciato Valérie. -
- Che delusione, figlia! -
- Credevo che non te ne importasse niente. -
- In effetti è così solo che ... tutto questo mi fa riflettere e mi fa pensare che sulla questione della donna in effetti si recitano delle commedie. -
- Non ti capisco. -
- Quale re ripudiò ben sei di donne? -
- Cos'è un quiz? ... ebbene lo so! Enrico VIII re d'Inghilterra. Ma stiamo parlando della Francia e per di più d'un presidente e non d'un re. -
- Fa lo stesso! La morale corrente gli ha permesso di comportarsi come il re d'Inghilterra. -
- C'è una piccola differenza ... Enrico VIII se poteva le decapitava. - mia figlia è ben informata.
- Dettagli ... i costumi sono differenti ... la vita umana non aveva lo stesso valore d'adesso! -
- Papà, non ti sembra d'esagerare con i tuoi paralleli storici! -
- Sei peggio d'una suocera! ... scherzo ... esagero per amore del paradosso ... mi conosci, no? Ma quello che mi fa rivoltare è che noi viviamo in un'era dove si parla tanto della donna e della sua posizione nella società. Celebriamo la donna manager, la donna politico, la donna ministro. In Italia Renzi sta facendo una legge elettorale che impone una percentuale di donne pari al quarantacinque percento ... perché no cinquanta o sessanta? Sta facendo degli accordi con un uomo che considera le donne come degli animali buone solo per la copulazione. In Francia si fanno campagne per imporre delle donne nei consigli d'amministrazione ... eppoi le si sbatte in prima pagina come concubine quando non servono più! Ma invece di mettere in piedi tutti questi slogan che inneggiano al rispetto per la donna sulla base di leggi e di regolamenti non si potrebbe iniziare a smettere di fare della pubblicità con le immagini di donne prodotto? Non si potrebbe iniziare fin dalla tenera età a fare gli stessi regali ai bambini ed alle bambine? Non si potrebbe vestirli nella stessa maniera? Piuttosto di ricordare  con insistenza la diversità attraverso l'abbigliamento? Non si potrebbe cominciare a mettere in carcere i clienti delle prostitute piuttosto che le prostitute? Non si potrebbe cominciare ad insegnare agli uomini a piangere piuttosto di dire: smettila di fare la femminuccia? Non si potrebbe ... -
- Papà sei un talebano del femminismo! -
- Forse, ma non sopporto quando in un problema si comincia ad attaccare l'effetto e non la causa. Soprattutto se si vuol far credere in ciò che si dice. Chi parla non lo pensa veramente e ciò mi disgusta. Alla parola non segue la pratica nella vita di tutti i giorni. -
- E tu ci credi? -
- Io credo che una donna deve restare donna ed un uomo restare uomo. Non credo che si possa mischiare tutto per avere dei donni e delle uome! -
Mia figlia ride.
- Io credo che l'unica cosa su cui seriamente ci si debba concentrare è l'educazione al rispetto di tutti gli esseri umani con o senza ovaie! Il resto verrà da sé ... quindi per rivenire al nostro Hollande ... che lui faccia il socialista progressista e che imponga le donne nella vita pubblica e poi ripudi come ha fatto Enrico VIII ... mi sembra talmente contraddittorio da risultare insopportabile! -
- Quindi tu sei a favore di Valérie? - mia figlia tenta di trovare una sintesi alla mia filippica.
- Ma neanche per sogno! L'ex première Dame de France è una che era a suo aggio fino a quando era lei che poteva vantarsi d'essere la vincitrice nella competizione per conquistare il cuore del futuro presidente. Adesso che è perdente sono sicuro che darà il peggio di se stessa. La biasimo tanto quanto il suo compagno presidenziale ... comunque adesso sono preso da altre preoccupazioni. -
- Quali papà? - chiede mia figlia con una punta d'apprensione.
- Sto meditando seriamente di comprarmi una sporta per far la spesa come si usa qui in Francia. Vivo da dieci anni in questo paese ed ancora non mi sono veramente integrato ... bisogna che faccia un atto di modestia ed abbandoni la mia italica superbia culturale! -
La mia terzogenita ride di gusto.
- ... allora la prossima volta che verrò in Francia ti vedrò con la baguette sotto il braccio et la casquette sulla testa! -
Questa volta sono io che rido.


venerdì 24 gennaio 2014

Viva Claudio



- Ciao papà. Come va? -
- Bene, e tu? -
Mio figlio deve sentire una tonalità distratta nella mia voce.
- Ti disturbo? - mi chiede.
- No, stavo scorrendo velocemente un articolo su Claudio Abbado. Interessante. Una bella personalità, un uomo discreto. -
- Parli del direttore d'orchestra? -
- Sì, proprio di lui. -
- Vuoi che ci sentiamo al telefono più tardi? -
- No, no ... va bene adesso. Io l'ho conosciuto Claudio Abbado. -
- Ah sì, e quando? -
- Tanti anni fa. Ero più piccolo di te. Dovevano essere gli ultimi anni del liceo. Anzi no, era proprio l'ultimo.-
- Andasti a sentire un suo concerto? -
- No, ci giocai a pallone. -
- Ah sì? Giocavi a pallone? -
- Sì, cosa c'è di strano? Come tutti. Ma non ero molto bravo ... mi mettevano o in difesa o a fare il portiere. In quest'ultimo ruolo non ero male. Paravo bene ed i miei compagni mi dicevano che avevo "la posizione" come Sarti. Io penso che ero un po' incosciente perché mi buttavo sempre sui piedi degli avversari rischiando che mi prendessero per il pallone. -
- Chissà com'eri da giovane? - mi domanda.
- Io non mi sento diverso ... forse ero più allegro. -
- Ed Abbado, allora ... come andò? -
- Giocava bene ... doveva avere un po' più di quarant'anni all'epoca e noi ragazzi eravamo sempre timorosi. Nessuno lo marcava con decisione, in più lui era robusto e forte. Era mio avversario. Ce l'avevo sempre davanti a me in attesa del pallone. Gli parai tutti i tiri. La mia squadra perdette ma non fu lui a farci i goal. -
- Com'era possibile che tu giocassi con Abbado? Lui doveva essere molto più grande di te. -
- A lui piaceva giocare e non riuscendo a raccogliere abbastanza amici per fare delle partite rastrellava dei giovani ... fu un mio compagno di classe che mi portò ... un certo Marco. Lui conosceva uno dei giocatori della squadra del Maestro. -
- Papà, lo sai che in genere sono le schiappe che si mettono in porta?-
- Sì, ma anche la schiappa bisogna saperla fare bene, con professionalità. Sai di gente che m'ha trattato da schiappa nella vita ne ho avuta tanta ... eppure ...! -
- Papà, stavo scherzando! -
- ... sarà! - gioco col suo senso di colpa. Poi aggiungo - Comunque Abbado ha incrociato ancora la mia vita. -
- Ah sì? ... e quando? -
- Quando lavoravo in banca. Ci rimasi per otto mesi. Non resistetti di più. La banca era francese ed aveva la sede in piazzetta Bossi. -
- Gli hanno fatto una piazza? -
- A chi? -
- Ad Umberto Bossi. -
- Ma per carità! Ancora quello lì nessuno lo conosceva ... non so perché si chiami cosi'? Forse a ricordo d'un decorato di guerra. In ogni caso, ogni volta che andavo in bagno il pomeriggio sentivo suonare un piano. "Chi è?" chiesi. "Abbado, abita due piani sopra la banca" mi risposero ... non sono sicuro che fosse lui, ma mi piace pensarlo. Quando andavo a fare pipì ci restavo delle mezzorate intere! Sognavo e mi dicevo che avevo la vita davanti. -
- Chissà com'era contento il tuo capo! -
- Certo, che lo era! La schiappa di tuo padre era uno sveglio e si faceva ben apprezzare! -
- Eppoi ... -
- Eppoi, lasciai la banca nell'illusione che fuori il mondo fosse meno grigio. Forse sì, però ... -
- Però? -
- ... non ho più trovato nessuno che con la musica mi tenesse compagnia durante le ore di lavoro. Lui, o chi per lui, non lo sapeva ma stava suonando per me! -


giovedì 23 gennaio 2014

Who ya gonna call?



- Ti rendi conto che io non ne voglio sapere un bel niente d'andare a quel funerale! - mi dice mio padre alterato.
- Papà, non è un funerale ma la messa del decennale della morte del tuo amico Arturo. -
- Ma chi te l'ha detto che era mio amico? -
- La sua vedova. -
- Ma tu, come fai a conoscerla? - lo sento veramente inquieto.
- Mi ha rintracciato leggendo i miei post su internet. -
- Io tuoi ... che? -
- I miei post, papà ... dei pezzi che scrivo su internet. -
- A che servono? -
- ... la gente ... li legge ... non sono in molti. Scrivo di tutto ... di più ... -
- La tua mania di fare lo scrittore! Non t'è passata, ancora? Saresti un morto di fame adesso se non ti fossi messo a lavorare seriamente! - difficile dargli torto.
- Come vedi quelle son diavolerie. - prosegue - ... anche la vedova di quello lì t'ha rintracciato! Ma sa che sei un Persegani? -
- Certo che lo sa? C'è scritto sul mio b... - m'arresto perché poi dovrei spiegargli cos'è un "blog" - Sulla mia scheda, papà. -
- Tutti schedati siete, neanche Orwell avrebbe potuto immaginarlo! ... sa anche che sei mio figlio? -
- Certo, gliel'ho detto! -
- Ma chi t'ha autorizzato! -
- Papà, ma perché tutta questa agitazione? -
- Perché ... quello lì ... quello lì è stato il più grande rompicoglioni menagramo che abbia mai incontrato nella mia vita! -
- Chi? Arturo? -
- Per carità ... stai zitto! Non nominarlo! - grida quasi.
Penso che chiamerò mio fratello per dirgli d'andare a trovare nostro padre ... questa agitazione mi sembra insolita e non giustificata.
- Ok papà ... ma non ti sembra d'esagerare? Stai bene? -
- Certo, che sto bene ... almeno fino ad adesso! -
- Ma cosa mi dici? -
- Tu non puoi capire ... quello lì lo conosco da quando eravamo ragazzetti. Sua madre e tua nonna erano molto amiche e quindi ci facevano incontrare. Già da bambino era appiccicaticcio, mi mangiava i miei mostaccioli. Insieme fummo figli della lupa, balilla ed avanguardisti. La cicatrice che ho sul braccio me la procurò lui pulendo la baionetta. Era pure maldestro! Nel quarantatré scappammo da Roma con altri ragazzi per fuggire dai rastrellamenti dei tedeschi. Eravamo in trenta. Fummo intercettati da una pattuglia che ci prese a fucilate. I due giovani che erano accanto a quello lì furono beccati dalle pallottole. Volevamo attraversare le linee ed andare a Napoli. Ci separammo in più gruppi ed io con un espediente riuscii a far parte di uno senza quello lì. Passarono dei mesi e me lo ritrovai in una caserma a San Giorgio a Cremano. Tutti i suoi compagni di fuga erano stati uccisi, chi saltando sulle mine, chi ucciso dai tedeschi ed altri dal fuoco amico. Solo lui s'era salvato. La sera stessa quando lo incontrai fui arrestato dai MP americani perché mi scambiarono per un borsanerista. Tornato a Roma m'iscrissi ad Ingegneria ed anche lui ... non riuscivo a fare un esame, malgrado che studiassi come un matto venivo sempre cacciato. Quello lì no ... riusciva sempre a superare con buoni voti. Lasciai Ingegneria e m'iscrissi a Geologia ... terminai i miei studi con successo. -
Mio padre che m'ha sciorinato tutto senza quasi fare pause, prende fiato.
- Finalmente vi separaste immagino a causa del lavoro. -
- Magari fosse stato! Macché entrò nella stessa mia società! Lui era specialista delle piattaforme petrolifere, poiché era ingegnere meccanico! Io facevo dell'esplorazione e quando indicavo dove fare un pozzo si trovava solo dell'acqua calda! -
- Adesso, anche quella sarebbe apprezzata! - osservo.
- Finché un giorno ... lo mandarono in Congo Belga insieme ad altri geologi. Anch'io dovevo andare ma all'ultimo momento restai in Italia per occuparmi di tuo nonno, che era malato. Insomma tutti i componenti della missione furono massacrati dai rivoltosi ... -
- ... tranne quello lì. -
- Si', tranne quello lì ... per questo piuttosto di trovarmelo ancora nei piedi chiesi d'essere trasferito ed andammo in Iran ... e poi negli altri paesi arabi. -
- E se lui t'avesse raggiunto? -
- Avrei cambiato società ... sarei andato a lavorare con gli americani. Ma così non è stato ... quando è morto ho tirato un sospiro di sollievo ... sembrerebbe che quando è esplosa la bomba in Piazza Fontana, lui fosse appena uscito dalla banca! -
- Stupefacente ... !-
- Adesso capisci perché non voglio andare alla sua messa? ... non voglio che il suo fantasma s'attacchi ancora a me. Magari mi ritroverò il suo spirito fra non molto nell'aldilà ma prima d'allora voglio starmene tranquillo ... quindi evita di restare in contatto con la vedova di quello lì ... lascia che si dimentichi. -
- Spiriti, fantasmi ... tu avresti bisogno dei Cacciatori di Fantasmi! -
- Sì, fai lo spiritoso tu! Non sai di cosa parli! -


martedì 21 gennaio 2014

Pippo come Hollande e (forse) Obama


- Sicuro come il Catania. -
Mi ricordo di questa espressione che usavamo quando eravamo ragazzi in Sicilia.
- Allora siamo apposto! - esclamo.
- Certo, tranquillo puoi stare! - mi ribadisce Pippo.
- Mi stai babbiando (prendendo in giro; nota del traduttore) ... se mi dici che devo considerare sicura la tua promessa come la vittoria della squadra di calcio del Catania, vuol dire che non mi devo fidare! -
- Ma che vuoi che ti dica? ... che non m'incontro più con la polacca di trentacinque anni? -
- No, non sono affari miei ... vorrei che non vi facciate male con Carmela, siete amici miei! Questa è la promessa! -
- Con Cammela, non ci si può non fare male! ... lei vuole che la lasci. Sai come la chiama? -
- Chi? ... la tua amante? -
- Non cominciamo ad offendere! -
- Ma che stai dicendo? Chi offende? -
- Tu. La chiami amante ... come le buttane! -
- Ma un'amante non è una buttana ... ma che stai dicendo? -
- Ah no ... beh, allora chiamala col suo nome ... Agata. -
- Vedi che c'è una connessione con Catania (Sant'Agata è la patrona della città etnea; nota dell'autore)! Beh, come la chiama Carmela? -
- La polacchetta! -
- Come la scarpa. Beh, credevo peggio ... conoscendo Carmela! Ma allora, tu sei veramente innamorato? -
- Cacetto (certo; ndt)  ... ho sessantatré anni ... dove la trovo un'altra così bella femmina? -
- Capisco la logica ... ma tu pensi che lei stia con te per amore? Sai, queste donne vengono da paesi difficili e fuggono la fame.- mentre dico ciò mi mordo la lingua perché mi ripeto che non sono affari miei.
- E a te pare che io sono fissa (fesso; ndt) ... ma a me, chi mi ni futte (cosa me ne fotte; facile da tradurre!)? Quanto mi resta da vivere? ... -
Non rispondo ... una tipica crisi di Peter Pan a sessantatré anni! Si vede che la vita media si sta allungando!
- Scusa se mi sono permesso di parlartene ... lo faccio solo per amicizia ... adesso, mi ritiro in buon ordine perché non voglio essere invasivo. -
- No, non sei 'vasivo ... vuol dire azziccusu (impertinente; ndt)? -
- Sì. -
- Assai più azziccusi sono la gente del paese. Anche se non mi domandano niente lo fanno lo stesso colle taliate (con gli sguardi; ndt)! Ma anche io li talio e con gli occhi gli dico: andate a fare in culo! Glielo dico in italiano, così capiscono meglio! Ecco cosa gli dico! -
- Bravo, fai bene Pippo! - deve essere terribile vivere quella vicenda per entrambi i coniugi in un paese della profonda Sicilia.
- Eppoi, dimmi ... ma in Francia ... il presidente non se ne va anche lui in giro in motorino per andare a trovare la sua ... amante? -
- Sì, certo ... si vocifera che anche Obama ... -
- Ed io sono più fissa di loro? ... comunque certuni mi danno anche certe taliate d'invidia! -
- Ah sì ... e tu cosa gli rispondi con lo sguardo? -
- C'è chi può e c'è chi non può! Io può! -

Nota bene: la frase conclusiva del dialogo con Pippo è stata presa in prestito da un aneddoto che riguarda il cav. Massimino, defunto e compianto presidente della squadra di calcio del Catania, che utilizzò la suddetta frase per rispondere alla domanda di un giornalista a proposito della sua ascesa sociale.








domenica 19 gennaio 2014

Butterfly


- Vedi Jean-Luc, io non ci capisco proprio una beata fava (la traduzione in italiano è molto più colorita; nota del traduttore)! -
Il mio collaboratore mi guarda stupito.
- Che cosa non capisci? -
- Il nostro futuro. -
- Mio eminente capo, puoi tu vedere e quindi capire il futuro? -
- Una volta, sì! -
- ??? -
- Una volta avevo molte certezze, mi sembrava che il mondo e l'economia funzionasse come una macchina: schiaccia quel pulsante là, aziona quella leva, premi sul pedale ... e così via. Allora il problema era comprendere quando e come attivare i meccanismi ... c'era chi era più o meno abile a scovarli e quindi s'avvantaggiava sugli altri. Aumentavi i prezzi, riducevi i costi, miglioravi il servizio, investivi a destra, vendevi a sinistra, durante i cicli di crisi riducevi le quantità, abbassavi l'offerta tensionando ancora la domanda ... ed il gioco era fatto! I mercati erano più regionali e gli effetti delle azioni si limitavano solo sul tuo territorio ... adesso non sai più quello che devi fare perché c'è sempre qualcosa che ti sfugge, che avviene nell'altra estremità del globo e vanifica le tue azioni. -
- Tutto ciò per un grande economista come te dovrebbe essere un gioco! -
Guardo Jean-Luc.
- Sappi che, anche se sono più vecchio di te di almeno venticinque anni, la forza per darti un pugno sul tuo grugno d'allievo di Grand Ecole la trovo. -
- Scusa, non volevo ... -
- Sto scherzando ... fai bene a sfottermi ... e poi nella vita non bisogna mai prendersi sul serio. Comunque, è vero ... quando cerco di riflettere su cosa si deve fare nel prossimo futuro mi sento un po' perduto. Non so cosa consigliare ai grandi capi. Forse bisognerebbe essere un po' più coraggiosi e fidarsi del proprio istinto ed andare avanti in una direzione anche se si naviga a vista, nella nebbia. -
- Ho voglia di un caffè. Vuoi che te ne porti uno? -
- , why not? -
Guardo fuori. Oltre la vetrata un altro grattacielo sta crescendo a la Défense.
La nebbia, le tempeste ... sì, gli eventi atmosferici m'aiutano a comprendere l'economia dei giorni nostri. Chi si ricorda dell'effetto della farfalla usato nella meteorologia per introdurre la teoria del caos?
Basta il battito d'ali d'una farfalla in un determinato angolo del mondo per scatenare una tempesta in un altro. L'ipotesi alla base di questo paradosso è che il leggerissimo spostamento d'aria provocato dall'insetto può amplificarsi a dismisura a distanza di centinaia di chilometri tanto da provocare un evento meteorologico dirompente.
Alla fine del 2008, ricordo che partecipai ad uno dei comitati esecutivi della mia società. Il responsabile delle vendite nel Nord America commentava la caduta drammatica dei profitti a causa della crisi registrata negli Stati Uniti e dovuta della bolla finanziaria dei subprimes (a partire della fine del 2007 molte istituzioni finanziarie americane cominciarono a fallire a causa dei facili prestiti dati nel mercato immobiliare. Un anomalo effetto domino, all'interno del sistema economico americano, fece sì che tutta la nazione ne fu duramente colpita. Nota dell'autore).
Mi ricordo che posi la domanda:
- Ma questo crisi non può trasferirsi anche in Europa? -
Quel signore, che nel frattempo è andato in pensione portandosi appresso una buonuscita reale, guardandomi dal di sopra dei suoi occhiali, mi rispose:
- Non so quanto tu sia ferrato in geografia, ma fra l'America e l'Europa esiste un oceano! -
Quella frase risuonò all'interno della sala di riunione come: stai zitto, cretino!
Beh, il resto della storia è conosciuta!
Jean-Luc torna col caffè.
- Ti vedo ancora pensieroso. - mi dice porgendomi la tazza.
- Sto meditando di darmi all'entomologia ... so che posso essere scambiato per sadico ... ma deve essere eccitante infilzare le farfalle con uno spillo! -


sabato 18 gennaio 2014

I temporeggiatori



- Tu sai chi era Quinto Fabio Massimo Verrucoso?-
- No. Forse uno pieno di verruche? - risponde il mio secondogenito divertito.
- Ma che dici? ... Oddio, non lo so ... mi metti dei dubbi? ... uffa, la vuoi smettere di prenderti gioco di tuo padre? -
- ... non mi prendo gioco di te e che uno che si chiama Verrucoso me l'immagino pieno di verruche. -
- Non hai torto neanche tu!-
- Chi era, papà? - riprende mio figlio.
Sento dei rumori provenire dall'altro capo del filo.
- Dove sei? -
- All'università, faccio una pausa. -
- Ah ok ... insomma era un console romano. -
- Un po' me l'immaginavo. Chi si chiamerebbe adesso Quinto Fabio Massimo?  E che fece? -
- Quello che sta facendo Letta ... temporeggia! -
- ... e come finì? -
- Lo cacciarono perché il popolo romano si stancò della sua politica. Temporeggiò nei confronti d'Annibale che razziava tutta la penisola. Non fu ascoltato e l'esercito romano attaccò i cartaginesi a Canne, nelle Puglie. La Roma repubblicana subì la più cocente delle sue sconfitte. -
- Quindi ebbe ragione. -
- Sì e no, perché fu un oppositore anche della corrente che voleva portare la guerra in terra cartaginese. In effetti fu la strategia di Scipione, che alla fine si rivelò vincente. -
- Quindi Letta è come il Verrucoso? - evidentemente il particolare della verruca deve aver colpito l'immaginario di mio figlio.
- Non so, è certo che in questo momento sta scegliendo l'inazione nella speranza che un deus ex machina (espressione presa in prestito dal latino per indicare il compiersi d'un avvenimento che sblocca una situazione stagnante; nota dell'autore) si compia. -
- Che cosa si deve compiere secondo te? -
- Non lo so, figlio ... non sono dentro la testa di Letta.Comunque per lui non è facile appena si muove c'è qualcuno che lo bastona: Renzi, Berlusconi e Alfano ... a proposito, hai notato che sembra un hamster con pochi capelli?  -
Sono contento quando faccio ridere i miei figli.
- Non mi piacciono i temporeggiatori, papà. Mi danno l'aria di persone combattute fra la paura ed l'attesa dell'errore dell'altro. -
- In effetti, non sono molto popolari ... anche io non li amo particolarmente ... anche se ce n'è uno che mi è simpatico. -
- Chi, papà? -
- Il generale Kutuzov che alla fine ebbe la meglio su Napoleone. Attraverso la sua inazione fece perdere tempo al grande Corso che dovette abbandonare la Russia per sottrarsi al gelido inverno. La disastrosa ritirata dalla Russia della Grande Armée può in parte spiegare la sconfitta a Lipsia della Francia il cui esercito, troppo indebolito, non resistette al nemico. -
- Perché ti piace? Perché ha sconfitto Napoleone? ... lo so che tu non lo ami tanto. -
- No, non solo per questo ma perché me l'ha reso simpatico Tolstoj in Guerra e Pace. Se ti capita, leggilo ... è uno dei più bei romanzi che sia mai stato scritto.-
- Lo farò ... ma io la tattica del temporeggiatore la uso solo quando gioco a briscola. -
- Per questo mi batti, allora! -
- Tu sei troppo irruento, papà. -
Ha ragione.
- Tanti baci, figlio. Buona lezione.-
- Tanti baci, papà. -

P.S. Sono andato a controllare su Wikipedia ... sì, sembrerebbe che Quinto Fabio Massimo avesse una grossa verruca sul labbro!


venerdì 17 gennaio 2014

L'importanza di chiamarsi Persegani


Tutto sommato non mi dovrei lamentare della Francia.
Le poche volte in cui la gente osa lanciarsi nella pronunzia del mio cognome lo fa diligentemente e l'errore a cui non possono rinunziare è il posizionamento dell'accento che immancabilmente fanno cadere sulla i. Quindi oltre le Alpi io mi chiamo Perseganì , Italò Perseganì
Difficile scrivere con la tastiera francese che non contempla l'accento sulla "i" e sulla "o". Devo sempre ricorrere a strani maneggi quando devo accentare queste due vocali. Meglio avrei fatto se avessi chiesto per il mio computer d'ufficio una tastiera italiana come il mio collega Xavier che ne chiese una spagnola, anche se lui è catalano.
Sto divagando.
Quando arrivai in Francia pensai che i problemi col mio cognome sarebbero stati più importanti perché, quando stipulai il contratto di fornitura con Edf (Enel francese), Orange (corrisponde alla Tim italiana) e le Poste, per un arcano motivo il mio cognome si trasformò in Persegnani. Infatti nella mia cassetta delle lettere io appaio con una "n" tra la "g" e la "a". Mi domando ancora come sia stato possibile. Forse ero raffreddato quando, insediandomi nel mio appartamento, pronunciai il mio cognome?
Una cosa è certa: il postino è perspicace poiché tutto ciò che mi giunge intestato con la corretta grafia sa che deve imbucarlo presso Monsieur Persegnani. Forse pensa che la gente s'ostina a scrivere in maniera errata il mio cognome?
Fare queste dissertazioni può sembrare banale ma io ho la profonda convinzione che le storpiature di cui il mio nome di famiglia è stato oggetto, devono aver condizionato la mia crescita procurando fors'anche delle turbe che hanno influenzano lungamente la mia vita. Mi domando se a causa di esse ho maturato delle crisi d'identità e dei miei sindromi d'insicurezza. Difficile da dire.
Tutto cominciò all'asilo.
Mi misero dalle Orsoline, sicuri che il mio debutto nella vita sociale avrebbe avuto un buon inizio posizionandomi sui solidi binari d'una scuola cattolica.
Invece non fu così perché al primo appello la suora disse:
- Persicani. -
Coll'espressione angelica che solo un bambino di quattro anni  e mezzo può avere, corressi:
- Mi chiamo, Persegani. -
- Qua c'è scritto Persicani. -
Me ne dimenticai, preso com'ero dall'euforia d'essere in mezzo a tanti altri bambini.
I giorni trascorsero ed ogni giorno al nome Persicani io alzavo la mano non curandomi di quell'errore.
Fino a quando un giorno ...
- Ma tu hai perso dei cani? - mi disse un bulletto di sei anni.
- No. - risposi un po' spaesato.
- Italo perse li cani ... Italo perse li cani ... -
Tutta la combriccola che ci attorniava scoppiò a ridere ed io mi sentii umiliato.
Quando tornai a casa piansi e raccontai tutto a mia nonna materna (vivevo con lei poiché i miei genitori erano eternamente girovaghi. Mio padre è geologo) che l'indomani parlò con la suora.
L'equivoco fu risolto ed io tornai ad essere Persegani, ma il danno ormai era fatto e la canzonatura continuò.
Italo perse li cani ... Italo perse li cani ...
Resistetti diversi mesi fino a quando mi rifiutai d'andare all'asilo.
La dura ostinazione non fu scalfita fino a quando qualcuno in famiglia pensò che dovevo cambiare cognome. Da un giorno all'altro io divenni Italo Cuoco poiché adottai quello materno.
Quando tornai all'asilo, all'appello sollevai il braccio come se fossi stato un gladiatore reduce dallo scontro finale.
Vissi felice per diversi anni, fino a quando ritornai a vivere con i miei genitori.
Bruscamente tornai ancora ad essere Persegani.
Non fu facile all'inizio, ma lentamente mi abituai anche perché crescendo i miei coetanei persero il piacere di storpiare il mio cognome.
Ciononostante la mia vita ha continuato ad essere costellata di storpiature occasionali che, in alcuni casi, hanno messo in evidenza la creatività delle persone che ho incontrato.
Il panorama è vasto.
Si può, partire da  Pizzicani che a sua volta è diventato Pizzicagnolo (lo considero una delle massime evoluzioni acrobatiche della storpiatura), passare da Pescecani (banale) che s'è tramutato in Piscicani e tornare a Persecani che ci  riporta vicino alla prima storpiatura storica. Quest'ultima possiede una variante siciliana in Pessicani.
Devo dire inoltre che la mia ostinazione nel voler far pronunciare bene il mio cognome mi portò a specificare, in una certa fase della mia vita, che in esso non compare nessuna "c" ma bensì una "g". Quindi presentandomi precisavo sempre : con la "g".
Effettivamente la strategia portò i suoi frutti perché per diverso tempo le statistiche mostrarono un netto miglioramento ed io potei fregiarmi finalmente del nome della mia famiglia senza timore alcuno.
Purtroppo chi mi privò dell'illusione che il periodo delle deformazioni era finito furono due carabinieri che, riportando le mie generalità su un verbale, scrissero Persegani Collagi attribuendomi un doppio cognome.
D'allora lascio che la gente si sfoghi col mio nome di famiglia, permettendo che lo violentino a loro piacimento. Non faccio più caso allo scempio di cui è oggetto ... deve essere il suo destino.
Prima di terminare però devo citare una iperbole della deformazione che produsse Pellicano e due creativi, uno francese ed uno italiano, che passeranno alla Storia per Perd Ses Gants (si pronuncia Persegan ed in francese vuol dire: perde i suoi guanti) e Sega Perni (anagramma di Persegani).
Ed adesso?
Come ho scritto all'inizio, qui in Francia la gente fa attenzione e, a parte l'accento, cerca di pronunciare bene il mio cognome che comunque rimane ostico. Quindi per rendere la vita più semplice agli altri mi presento sempre come Italo.
Cosa c'è di male? ... ho il vezzo dei grandi della storia che firmavano e si facevano chiamare solo col nome proprio: Cesare, Augusto, Alessandro, Napoleone, Aristotele ... ... ... sì, pensandoci bene, a quasi cinquantotto anni, devo ammettere d'aver perso finalmente tutti i miei sindromi d'insicurezza infantile!





giovedì 16 gennaio 2014

"La dolce vita" in Paris




Ho invitato Giovanni a cenare nel ristorante di Bruno in rue Tholozé, 26.
- Mi raccomando devi superare te stesso e devi mostrare cosa è capace di fare un palermitano tanto da umiliare un catanese! - dico al telefono al padrone di "Tentazioni".
- Non ti preoccupare ... lo annichilisco! -
- Ok, conto su di te! -
Siamo seduti nel piccolo locale.
Davanti a me Giovanni sorseggia un Campari con l'aria d'un cane bastonato.
Daniele, che aiuta Bruno nella conduzione del locale, ci porta un piattone con quattro bruschette coperte da pezzetti di pomodoro.
- Da bere? - domanda.
- Una bottiglia di Nero d'Avola ... quello buono ... non quello per i francesi!-
Daniele sorride e non accoglie la mia provocazione.
- Volete un antipasto? -
- Meglio se ci porti solo una bella caponatina. -
- ... e per il piatto principale? -
- A quello ci pensa tuo padre!- e gli schiaccio l'occhio.
Lascio che Daniele abbandoni il tavolo.
- Dai, che stasera ti faccio mangiare bene! ... con tutte quelle orge mi sei diventato pelle e ossa! - dico a Giovanni.
- Non ho fame! -
- Ma smettila di fare delle scene da adolescente alla tua età ... vedrai che tornerà ... Jacqueline tornerà. -
- Non, lo so ... almeno sapessi perché se n'è andata? -
- Forse le francesi non amano più gl'italiani! - dico ciò indicando me e lui.
E' chiaro che faccio riferimento anche alla mia recente rottura con Veronique.
- Sì, ma fra me e te c'è una bella differenza! Tu non eri innamorato, io lo sono ancora ... -
- Beh, tu hai un bel modo d'essere innamorato ... te la scambiavi con altri uomini! -
- Ma che c'entra ... tu sei retrogrado! -
- Sì, vabbè ... retrogrado! -
Rimaniamo in silenzio.
Non riesco a trovare un argomento per parlare e per distrarre il mio amico.
La porta del piccolo locale si spalanca lasciando entrare un po' del gelo notturno ed un'anziana coppia. Lui è calvo con una corona di capelli bianchi immacolati che gl'incornicia la nuca. Lei doveva essere una gran bella donna, i tratti mostrano ancora una beltà che resiste al tempo.
Bruno, avvertito da Daniele, esce dal cucinino ed accoglie i nuovi avventori facendoli accomodare nel tavolo giusto dietro me.
Giovanni prende per il braccio Daniele che gli passa accanto.
- Chi è? - gli chiede, riprendendo all'improvviso interesse per la vita.
- Anouk Aimée. - bisbiglia il giovane indicando la fotografia autografata che riprende l'attrice con Fellini. Giovanni alza la testa e guarda l'immagine incorniciata. Poi indirizza lo sguardo sopra la mia spalla in direzione dell'anziana signora.
Rimane in silenzio ma vedo che dietro gli occhi i suoi neuroni stanno vorticando.
- Giovanni ... - provo a dirgli.
Lui si alza e deciso sorpassa il nostro tavolo arrestandosi di fronte a quello della attrice.
Con fare cerimonioso porge la mano e si mette in una posizione che ricorda quella d'un militare di fronte al suo superiore.
- Bonsoir Madame .-
Anouk Aimée alza lo sguardo prima un po' perplessa, poi gli sorride.
- Bonsoir Monsieur. -
- Lasci che mi presento: Giovanni Moncada di Scordia.- quando il mio amico mette in vetrina il cognome completo evocando le discendenze nobiliari, vuol dire che il momento è solenne.
L'anziana signora gli porge la mano e lui la ghermisce baciandola con profondo rispetto, poi si mette in ginocchio.
- Signora, non può immaginare cosa lei rappresenta per me ... -
Tutti gli astanti del locale impietriscono. Bruno osserva la scena al disopra dei suoi occhiali da presbite, Daniele ha la bocca aperta mentre tiene ben stretto un piatto di portata, gli altri avventori sono girati a guardare la scena. Anche il lavapiatti s'è affacciato dalla cucina.
- ... lei è la donna che ha reso infelice la mia vita. In ogni donna che ho incontrato ho cercato Anouk Aimée senza mai trovarla. Lei non sa quanto ho odiato Marcello Mastroianni ... avrei voluto essere al suo posto e vivere dei suoi abbracci non per un istante ma per sempre! Ero ancora bambino e già sognavo di lei. Adesso finalmente sono di fronte alla donna che è stata padrona del mio cuore per tutta la vita e posso parlarle ... mi sembra impossibile! - le bacia più volte la mano.
Silenzio.
- Merci Giovanni, alzatevi adesso ... la ringrazio. - dice la donna.
Poi, inaspettatamente, con la mano libera gli accarezza la guancia.
- Lei è di sicuro meglio di Marcello. -
Qualcuno applaude seguito subito da tutti noi.
- Bravo Giovanni! - grido, adoro quel pagliaccio!
- Bravo! - ripetono gli altri.
Alzo lo sguardo e noto che fuori dal locale dei passanti si sono fermati ad osservare la scena.
Jacqueline ormai è lontana, tanto lontana!
Viva la vita!



mercoledì 15 gennaio 2014

Psychopathic pride


Ho appena finito di leggere un divertente articoletto apparso sul Financial Times a proposito della presenza dei psicopatici alla guida dei fondi d'investimento. Il titolo del pezzo è The psychopath's guide to finance (La guida dello psicopatico nella finanza; nota del traduttore), l'autore è David Oakley.
Il cappello introduttivo è piuttosto provocatorio: se stai leggendo questo articolo, ci sono relativamente forti possibilità che tu sia un psicopatico.
Infatti sembrerebbe che secondo una delle ultime ricerche del professor Kevin Dutton, docente all'università di Oxford, ci sarebbero più sintomi di psicopatia fra i lettori del Financial Times che fra quelli di altre testate.
David Oakley vuole però rassicurare il lettore e fa una personale inchiesta sottoponendo un questionario con dieci domande ai primi dieci guru finanziari (non si sa di dove). Il test dovrebbe permettere d'individuare la presenza di psicopatici fra gli intervistati. Solo uno risulterebbe essere affetto da tale disturbo. Non contento di questa sua inchiesta la estende anche ai suoi colleghi giornalisti finanziari ed anche in questo caso solo uno su dieci risulta psicopatico. Bene.
Tutti abbiamo un'idea più o meno precisa di chi sia un psicopatico ma io vorrei avere una definizione più esatta.
Vado su Wikipedia (in effetti potrei chiedere lumi al mio capo, lui sa proprio tutto!) e leggo:
La psicopatia è un disturbo mentale caratterizzato principalmente da un deficit di empatia e di rimorso, emozioni nascoste, egocentrismo ed inganno. Gli psicopatici sono fortemente propensi ad assumere comportamenti devianti e a compiere atti aggressivi nei confronti degli altri, nonché a essere orientati alla criminalità più violenta. Spesso sembrano persone normali: simulano emozioni che in realtà non provano, o mentono sulla propria identità.
Comincio ad inquietarmi ... lavoro in una società di psicopatici? A parte il riferimento sulla criminalità manifestamente violenta, il resto sembra calzare. Quindi lo sono anch'io? Chi va con lo zoppo impara a zoppicare?
Vado avanti nella lettura.
La psicopatia consiste in un deficit per diverse aeree: relazioni interpersonali, emozione, e comportamento. Gli psicopatici ottengono soddisfazione dal disturbo antisociale della personalità, e non provano colpa né rimorso per le proprie azioni.
Su qualsiasi minaccia o danno causato a terzi, gli psicopatici non provano vergogna né senso di colpa, mentre invece razionalizzano il proprio comportamento, incolpando qualcun altro o omettendo qualsiasi responsabilità. Gli psicopatici, inoltre, non provano alcuna emozione verso terzi in generale, dimostrando mancanza di tatto, insensibilità e disprezzo. Possono avere un fascino superficiale su di essi, capaci di esprimere qualsiasi cosa senza preoccuparsi della rilevanza o della realtà dei fatti ... ... ... tendono ad essere impulsivi e irresponsabili, spesso non riuscendo a perseguire i propri obiettivi socialmente tollerati quali ad es. nel cercare un lavoro retribuito o nel rispettare un impegno finanziario.
Ho l'impressione di leggere la descrizione dei miei colleghi. Io vivo con loro da trentatré anni. E' impossibile che sia diverso. 
Coraggio, vediamo che ci riserva ancora Wikipedia?
Gli psicopatici non sentono il bisogno di instaurare una relazione sentimentale e non sono in grado di formare legami emozionali con le persone. Anche se uno psicopatico può a volte percepire il fascino di una persona o essere infatuata di lui/lei, non può ricambiarne i sentimenti, ma solo fingere e trarre piacere da incontri sessuali, anche se sono superficiali e impersonali.
Mio Dio! Cosa devo pensare di me stesso? Io che rifiuto di costruire una relazione sentimentale?
Ma non finisce qui. 
Gli psicopatici sono bugiardi incorreggibili e recidivi. Spesso e volentieri riescono ad ottenere ciò che vogliono o per impressionare le persone, e lo fanno con tale maestria che gli investigatori, anche quelli con una notevole esperienza alle spalle, a volte sono ingannati. Tale talento si trova in coloro che non tradiscono segni di ansia, esitazione o vergogna, anche quando sono di fronte a prove incontrovertibili o domande scomode in modo tale da sconcertare frequentemente il propri ascoltatori distraendoli dalle incongruenze nelle loro parole: credono che lo psicopatico sia onesto, perché è difficile per loro credere che un bugiardo possa essere così audace e imperturbabile ... ... ... un potenziale psicopatico tenta di ingannare più spesso di quanto sembri (il linguaggio del corpo, la fiducia, ecc) che dal contenuto del loro discorso ... ... ... se sono colti in fallo o di fronte a domande impreviste, semplicemente rielaborano la propria narrazione per adattarsi alla nuova realtà senza fermarsi a riflettere sulle cose ... ... ... gli psicopatici sembrano avere difficoltà a integrare correttamente il linguaggio e le componenti emotive dei loro pensieri, e ciò non rende possibile notare le contraddizioni nel loro discorso. 
Sono preoccupato. 
I miei colleghi dicono che sono un buon negoziatore. Più di una volta ho dovuto sfoderare la mia arte manipolatoria per arrivare al fine senza mostrare alcun segno di perplessità a chi stava di fronte di me.
Ormai sono preso dall'ansia. 
Esco da Wikipedia e cerco soccorso nel Net. Trovo un test su un sito che sembra serio. Rispondendo a dieci domande si sa se si è psicopatici.
Pondero bene ogni risposta.
Ed ecco alla fine la sentenza:
ebbene sì, sei normale. Forse speravi in un risultato diverso, ma tutti abbiamo i nostri alti e bassi, senza per questo essere strani o veri e propri psicopatici! Ma ricorda: essere normali ormai è la cosa più difficile, ti aiuterà a distinguerti.
Uffa, che spavento! Posso continuare di comportarmi da psicopatico senza considerarmi tale!



martedì 14 gennaio 2014

La Comédie-Française

Lui
Lei
L'altra












Arrivo presto in ufficio per sfogliare il giornale.
Malgrado tutti i guai che attanagliano il mondo la notizia a cui si da più risalto qui in Francia è quella relativa alle vicende sessuali del presidente ed alle conseguenti corna della prima donna cisalpina, madame Trierweiler.
Personalmente non me ne frega niente ed il primo commento che faccio riguarda il buon gusto dei presidenti francesi. Riescono a contornarsi sempre da belle donne, non necessariamente dall'aspetto volgare!
Poi, mi pongo la domanda: ma dove diavolo trova il tempo, con tutti i casini che ha il presidente della Francia, di farsi una amante? Penso che questo sia il quesito di molti francesi!
In effetti sarebbe dovuto essere l'interrogativo che gl'italiani avrebbero dovuto porsi quando furono raggiunti dalle notizie sulle innumerevoli copulazioni di cui era capace il Berlusca. Questa ossessiva attenzione (alimentata da parecchi giornali anche della sinistra) è stata la causa della grave disattenzione dell'Italia che s'è concentrata sul glande del suo primo ministro piuttosto che sul baratro in cui stava precipitando.
No, non penso che i francesi si facciano distrarre da tali vicende e personalmente glielo auguro: non seguite l'esempio degli italiani!
In Francia, il sesso, le storie di corna e di tradimenti non condizionano i giudizi. E' una nazione che sulle corna ha saputo dare il meglio di sé producendo dei capolavori letterari (madame Bovary) e una produzione teatrale unica al mondo (le commedie di Feydeau ed alcuni pezzi di Moliere, gran cornuto lui stesso, come La scuola delle mogli ed Il Don Giovanni). Anche la storia politica ha conosciuto dei riferimenti costanti nelle vicende di talamo fra i suoi protagonisti (le amanti dei re/imperatori e quelli delle regine. A proposito, vi ricordate dei tre moschettieri che dovevano salvare l'onore della regina che aveva una tresca con il duca di Buckingham?).
Quindi, spero proprio che le esuberanze di Hollande, in quanto tali non sollevinono molto scalpore. Anche i suoi predecessori (Mitterand, Giscard d'Estaing, Chiraq) non sfigurano nella galleria dei galli cisalpini.
A proposito ... che Dominique Strauss Kahn fosse vivace e trombasse anche le serrature delle porte lo sapeva tutta la Francia! Peccato che si sia fatto beccare negli Stati Uniti puritani prima delle elezioni presidenziali francesi! Se fosse stato eletto forse, durante un summit, per placare la sua proverbiale esuberanza, si sarebbe fatto piacere anche Angela Merkel e l'Europa sarebbe stata più unita.
Non tutto il sesso vien per nuocere!
Poiché sono molto diffidente nei confronti degli uomini di potere, sono quindi, lo confesso, non molto tenero nei riguardi delle donne che si fanno affascinare da quest'ultimi. Non per ragioni morali in quanto, pur provenendo da una famiglia d'origini borghesi sono refrattario ai suoi moralismi, ma per ragioni evolutive.
Infatti le componenti del gentil sesso che sono attirate dai capi sono banali ed involutive poiché sono le dirette discendenti delle donne che aspiravano a farsi fecondare solo dal capobranco (quando l'uomo si decise di prendere la posizione eretta). L'evoluzione dell'umanità è cominciata dal momento che le femmine hanno deciso d'accoppiarsi non solamente col maschio dominante ma anche con gli altri chiedendo a quest'ultimi di proteggerle e di fornire il nutrimento.
Almeno, fino quando dovevano svezzare la prole.
E' a partire da quella decisione che il genere umano ha cominciato ad essere più numeroso ed ha occupato tutte le terre del globo poiché il moltiplicarsi degli accoppiamenti  ne ha comportato il crescente aumento. Quindi sono state le donne, che hanno deciso di fare coppia con i non dominanti, che hanno determinato le sorti dell'umanità. Se le femmine dell'uomo si fossero limitate ad accoppiarsi solo col capobranco noi saremmo solo una varietà di scimmie. Per questo io riconosco alle donne che non disdegnano l'accoppiamento coll'uomo "dominato" il merito di far evolvere l'umanità.
Mi dispiace per lei, madame Trierweiler, per la subitanea depressione che l'ha condotta ad essere ricoverata in un ospedale parigino ma occupare il posto di prima donna di Francia, comporta una certa tempra e capacità di resistenza nei confronti d'avversarie più giovani e forse più avvenenti.
Inoltre, l'immagine di lei bisognosa di sali per riprendersi da scossoni sentimentali, come nella più becera tradizione ottocentesca, è poco convincente poiché in passato, se ben riportano tutti i suoi biografi, lei ha praticato il tradimento e, in diverse occasioni, ha giocato il ruolo de "l'altra".
Quindi, un po' di decenza ... i francesi se la meritano, parbleu!

lunedì 13 gennaio 2014

The great escape

- Papà, è da un po' che non ci sentiamo. -
- ... ma che vuoi che ti dica, figlia? Hai un'agenda degna d'un primo ministro! Non riesco mai a trovarti e quando ti chiamo, il tuo telefono mi dirotta sulla messaggeria! -
- Beh, sì ... certo. La scuola, la danza, i compiti ... -
- ... il filarino ... -
- No, non è vero! Ci vediamo poco ... -
- Sì, vabbè ... -
Mia figlia ha una capacità, uguale solo a quella di suo nonno, di dirottare altrove una conversazione quando il soggetto non è di sua convenienza.
- Papà lo sai che Filippo, quel mio compagno di scuola in cui tu vedi una rassomiglianza con Andy Warhol, va in India con i suoi genitori per dieci giorni? -
- Bene. In India anche se fai il tour dei grandi alberghi non puoi non vedere cos'è la diseguaglianza e la vera povertà. -
- Cosa vuoi dire? -
- Che i poveri sono presenti dappertutto, non puoi non vederli. Purtroppo non solo in India ... basta uscire fuori dai paesi occidentali. Voi ragazzi cresciuti nel benessere non avete mai visto con i vostri occhi la miseria. -
- Non è vero ... su internet è possibile vedere tutto ... -
- Sì, forse ... ma da internet come dalla televisione tu ricevi che delle immagini bidimensionali e senza odore. La miseria ha un odore acre che si confonde con la puzza ... e non è solo un problema olfattivo ma di percezione della realtà! L'immagine in uno schermo rimane lontana ... manca la prossimità e la sensazione che la povertà si può toccare con la mano. -
- Tu l'hai vista, papà? -
- Da privilegiato, dietro i vetri d'una macchina con autista. L'ho vista in India, in Viet-Nam, in Sud-Africa, in Brasile,nelle Filippine, in Malesia, in Zambia, ad Abu Dhabi, in Colombia, qualche anno fa in Cina. Sì ho visto la vera povertà, quella che impedisce di soddisfare i bisogni primari d'un essere umano! -
Sento sempre uno strano senso di disaggio e, perché no, di senso di colpa quando ripenso ai miei viaggi di lavoro. Sorrido ricordando a quando ero bambino ed ascoltavo un ex-missionario salesiano che mi parlava dei bambini lebbrosi in India. Era stato nominato parroco a Gela perché troppo vecchio per continuare ad esercitare la sua missione. Allora non esistevano immagini ma solo le parole di un uomo dalla folta barba grigia alto e tanto fiero che neanche il peso degli anni era riuscito a piegare. Dopo i suoi racconti mi dicevo che sarei stato pronto, una volta adulto, ad andare in India a curare gl'indigenti.
Ho certamente tradito quel bambino. Dove sei padre Scuderi?
- Papà, perché non parli più? -
- Scusa figlia, stavo pensando ... -
- A cosa? -
- A niente d'importante ... - anch'io so mentire - o meglio, stavo pensando che la disuguaglianza è il motore dell'umanità. Coloro che sono negli strati più bassi della società si battono per uscire dal loro stato  creano l'energia che è il motore del progresso ed il benessere ... sono processi lunghi ... ma inesorabili. -
- Quindi i poveri sono necessari? -
- No, non i poveri ... ma la diseguaglianza ...la povertà che annulla la dignità degli uomini e che impedisce il soddisfacimento dei loro bisogni primari ... quella bisogna combatterla. Bisogna che la diseguaglianza fra gli uomini si crei al di sopra della soglia dell'indigenza e della sofferenza fisica. -
- Non capisco ... -
- Ti faccio un esempio ... tre secoli fa in Europa la vita media era più bassa ... insomma si moriva molto prima ... la rivoluzione industriale ha attirato manodopera dalle campagne ... ma nelle città, sempre più popolose, si moriva a causa delle epidemie ... da qui la necessità di creare dei sistemi d'acqua potabile e di fogne efficienti. Tutto ciò insieme all'impianto della distribuzione energetica, al miglioramento della nutrizione ed al progresso della medicina ha portato il benessere delle popolazioni europee ad un livello in cui i bisogni primari sono ampiamente soddisfatti. Adesso in Europa la diseguaglianza si misura sull'ultimo modello di cellulare o di iPad posseduto ... quindi siamo al di sopra dell'indigenza e della sofferenza fisica. -
-  Allora la disuguaglianza sono i cosi, come dice il nonno! -
Sorrido.
- Sì, i cosi ... se vogliamo semplificare! -
- Papà! -
- Sì, figlia. -
- Non so più se diventare magistrato per combattere la mafia o dedicarmi alle cause umanitarie. -
- Prenditi il tempo necessario per fare la tua scelta ...  perché sarà una scelta importante, figlia mia. Intanto ... intanto salutami il filarino ... -


P.S. Per scrivere questo dialogo mi sono ispirato ad un articolo di Giorgio Barba Navaretti apparso su "Il Sole 24 Ore" del 5 gennaio 2014. Il titolo è "Grande fuga dalla libertà". Se vi capita leggetelo, è interessante.

domenica 12 gennaio 2014

Il fronte dell'Uomo qualunque



- Ciao papà, come va? -
- Come vuoi che vada? Male. - non mi aspettavo una risposta diversa.
- Il ginocchio ... immagino. -
- Macché ... il ginocchio va bene. Mi sento stanco, non dormo la notte. -
- Per forza, dormi durante il pomeriggio. -
- Giusto un riposino ... una siesta! -
- So che t'addormenti giusto appena finito di mangiare e ti svegli alle sette di sera. Come puoi dormire la notte, papà? -
- Ma chi ti dice questo? -
- Ho i miei informatori. -
- ... diseredo i tuoi figli! -
- Papà ... !-
- Comunque durante la notte apprendo tante cose, ascoltando la radio. -
Mio padre sa sempre come sgusciare fuori quando è messo nell'angolo. 
- Ah sì, cosa hai imparato? -
- Che anche in India hanno Grillo. -
- Hanno un ex comico alla testa di un partito? -
- No, hanno un partito come quello delle Cinque Stelle! -
Ridacchio e mio padre, dall'altro capo del filo mi domanda perché.
- Con tutti i problemi che hanno se ne trovano un'altro? - rispondo.
- Mi ricorda il fronte creato da Giannini quello dell' Uomo qualunque. All'epoca non si chiamavano "grillini" ma "qualunquisti". Il movimento non visse a lungo e si disperse quando il suo leader s'avvicinò alla Democrazia Cristiana. -
- Tu quanti anni avevi? -
- Mi sembra una ventina ... nel dopoguerra noi giovani eravamo storditi ... svuotati dal fascismo, una guerra persa dietro le spalle, tanti morti e altrettanta voglia di ripudiare la generazione precedente. Ma eravamo disciplinati e non pronti per fare la contestazione che arrivò dopo poco più di vent'anni. Giannini aveva l'aria di prendersela con tutti e d'irridere il potere ufficiale, per questo piacque. -
- Tu pensi che Grillo, si rifaccia a Giannini? -
- Non so, ma non lo penso. Sono movimenti spontanei ma che hanno tutti la stessa origine: l'insoddisfazione della classe media e medio-bassa. Comunque Grillo non vuole fare l'errore di Giannini per questo si tiene lontano da qualsiasi partito ufficiale ... deluderebbe i suoi elettori che facilmente lo assocerebbero alla classe politica che contestano. -  
Sì, penso che mio padre abbia ragione e che Bersani, dopo le ultime elezioni, non l'avesse capito.
- Ma cosa c'è in comune fra il movimento indiano e quello "Cinque Stelle"? -
- Molto ... ma come si chiama? -
- Chi, papà? -
- Il movimento indiano -
- Non lo so, non sapevo neanche che esistesse ... aspetta ... sono davanti al computer provo a vedere se trovo qualcosa. -
- Quei maledetti vostri cosi ... almeno servono a qualcosa! - mi brontola all'orecchio mentre cerco qualche elemento sul motore di ricerca. 
Trovo qualcosa in inglese. Leggo rapidamente.
- Uhm ... interessante ... si chiama Aam Aadmi Party ... AAP... che vuol dire Partito dell'Uomo Comune ed il suo leader è un certo Arvind Kejriwal, un ex ispettore delle tasse. Niente da spartire con Grillo. -
- Figurati se mi ricordavo dei nomi cosi' difficili! ... certo che hanno molto in comune. Alla radio dicevano che il loro simbolo è una scopa e che i loro candidati non devono avere precedenti con la legge, che si finanziano con donazioni e con contributi dei membri, che rifiutano tutti i privilegi del potere, come gli uffici lussuosi o stuoli di guardie del corpo, ed hanno un sistema molto democratico d'ascolto della base. Più in comune di così .... cosa vuoi? -
- Beh, certo ... in effetti ... -
Mio padre è lanciato nella sua analisi e prosegue:
- Tu sai? Tutti questi movimenti da Grillo alla primavera araba, da piazza Tahrir al Gezi Park. hanno la stessa matrice: una classe medio-bassa insoddisfatta! -
- L'hai già detto, papà! -
- Ho il diritto di ripetermi, sono vecchio! -
- Ok ... ma non ti sembra di fare di tutta un'erba un fascio? Quei movimenti si rivoltavano contro delle dittature. -
- Certo ... ma cosa credi? Che se c'è una dittatura che ti fa stare bene la gente si rivolta? Una volta che i bisogni primari sono più che soddisfatti cosa vuoi che gliene importa se alla testa di un paese c'è una dittatura od una democrazia? -
- Ma la libertà? ... -
- La libertà, caro figlio, non è un bene primario ... forse per te e per noi ... ma non per tutti ... mi dispiace ma il popolo è bue ...  -
- Papà ... è una frase di Mussolini! ... -
- Quell'imbecille che ci ha portati ad una guerra! ... ma ci aveva visto giusto ... come ci ha visto giusto Berlusconi quando faceva le campagne elettorali promettendo i cosi ... come si dice? I computer ... l'inglese parlato per i figli della classe media ... tutti a seguirlo malgrado che si sapesse che fosse un farabutto! Come una mandria di buoi  ... eppoi, figlio mio ... -
- Eppoi cosa, papà? -
- Alla mia età ci si chiede perché si è avuta la fortuna di vivere a lungo. Forse perché c'è toccato il privilegio di meglio conoscere la vita e di fare una sintesi ... ecco, io non faccio di tutta un'erba un fascio ... faccio solo una sintesi, le spiegazioni complesse le lascio ai giovani. -
Sì, papà, fai la tua sintesi.
                                                                                                                                                                                                                                                                                         

sabato 11 gennaio 2014

Giovanni is back


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La mattina, in ufficio, i gesti sono sempre gli stessi.
Poso la mia borsa sulla sedia del tavolo delle riunioni, ripongo il cappotto, accendo il computer e mi dirigo fuori della stanza per prepararmi un caffè  rigorosamente amaro.
Sto quasi per uscire quando di fronte a me appare, come materializzatosi dal nulla, Giovanni.
- Minchia, chi scantu (cazzo, che spavento; nota del traduttore)! Per fortuna che ho la tazza vuota sennò ti versavo tutto addosso! -
- Ciao. - mi risponde con voce tombale.
- Ciao, ma dov'eri? Tutti t'hanno cercato al ritorno delle vacanze. -
- A letto, sono depresso ... -
- Ah, depresso sei? ... 'che pratichi? Il sesso triste adesso? -
- Pi favuri (per favore; ndt), non mi babbiare (prendere in giro; ndt) ... la cosa è tribula (termine che, secondo me, deriva dall'inglese trouble sicilianizzato durante l'occupazione degli alleati. In questo caso può voler dire seria, pericolosa. NdT) ! - s'esprime recuperando del siciliano. Comincio a preoccuparmi.
- Che fai? Te lo pigli un caffè? -
- Piglialo tu, io t'aspetto nel tuo ufficio. -
Quando rientro, chiudo la porta  e mi siedo di fronte a lui pronto a ricevere le confessioni di Giovanni.
- Jacqueline m'ha lasciato. - esordisce.
Non muovo un muscolo del viso, ma dentro di me ho voglia di ridere.
- Quando? - gli chiedo.
- La notte di Capodanno. -
- Capisco. - gli metto una mano sulla spalla e lo guardo con tutta la commiserazione di cui sono capace.
- Eravamo ad una delle nostre feste Eyes Wide Shut ... quelle sai ... ! -
- Sì, le orge mascherate ... ormai m'hai fatto diventare uno specialista!  ... bene ed allora? -
- Io mi sono lasciato attrarre da un gruppo e mi sono appartato con loro. -
- Certo, un gruppo di lavoro ... hai travagliatu  (lavorato; ndt) pure l'ultimo dell'anno! - non sono riuscito a trattenermi.
- Mi stai pigliando per il culo? -
- No, no ... cerco di sdrammatizzare ... dai, su continua ... - continuo a tenergli la mano sulla spalla ed a stringerla.
Mi guarda severo, quasi diffidente. poi continua:
- Quando sono tornato, lei era sparita. -
- Forse era in qualche altro gruppo di lavoro. -
- No, no l'ho cercata negli altri gruppi ma non c'era. Insomma se n'era andata. Mi dissero che era uscita con un'altra donna ... era Veronique, la tua ex ... .-
- E tu come facevi a saperlo, siete tutti mascherati in quelle feste! -
- Perché Veronique indossa sempre la maschera veneziana che tu le regalasti! -
- Ah certo ... avrei dovuto immaginarlo! -
- Quando sono tornato a casa l'indomani mattina. Gli armadi ed i suoi cassetti erano vuoti. Sparita. Ho provato a telefonare a Veronique ma non risponde. Son andato anche dalla polizia per denunciare la sparizione. -
- E loro cosa t'hanno detto? -
- Che forse s'è presa una vacanza! -
Sospiro e cerco di consolarlo.
- Tornerà, vedrai ... s'è presa una pausa di riflessione ... mischina (poveretta; ndt), ultimamente con tutti quei gruppi di lavoro chissà che fatica! ... tutto 'stu travagliu! -
Sì, certo, lo sto babbiando


venerdì 10 gennaio 2014

Sicilians


Cammino lungo le quais (banchine; nota del traduttore) della Senna.

E' sera inoltrata, ho voglia di camminare e di tornare a casa. Dopo l'intervallo siciliano, la ripresa dell'attività è pesante da sostenere. Mi sento stanco come se non avessi mai approfittato delle mie ferie natalizie.
Sento i miei passi riecheggiare malgrado il rumore delle macchine sfrecciare sul lungosenna.
Ripenso ad un trafiletto che ho letto da qualche parte: sembrerebbe che la Sicilia è la regione in cui si legge meno.
L'autore del piccolo articolo sembra è in possesso di statistiche che lo comprovano. Io d'elementi certi non ne ho ma il sospetto che i siciliani fossero poco attenti alla lettura l'avevo già.
La domanda che mi pongo è allora come mai tanti scrittori? L'elenco è lungo: Verga, Capuana, Pirandello, De Roberto, Rapisardi, Brancati, Consolo, Bufalino, Lampedusa, Vittorini, il grande Sciascia, Camilleri ...
Sorrido e mi do una risposta.
I siciliani sono tutti presuntuosi, sanno già tutto dalla nascita e quindi non sentono la necessità di leggere. Loro il sapere e la cultura la portano dentro. Che bisogno hanno di leggere ciò che gli altri scrivono?
Arresto il mio passo. M'affaccio sul muretto che da sul fiume. La Senna scorre placida. Guardo l'altra riva dove brillano le luci delle case borghesi di Neuilly.
Anch'io scrivo. 
Come qualcuno ha detto: i siciliani scrivono perché non vogliono lavorare. Scrivono ma non leggono.
Sì, siamo un saccenti, pensiamo che abbiamo molto da dire e poco d'ascoltare.
Seguo con lo sguardo un tronco che galleggia e s'allontana seguendo la corrente. Annuso l'aria e m'ostino a non voler sentire il rumore del traffico che scorre veloce dietro di me.
Non lontano da dove sono vi è Puteaux, vi morì Bellini.
Giovane, baciato del successo ed amato dalle donne. Chissà se pensò a Catania prima d'andarsene. In suo ricordo adesso esiste uno slargo con una fontana dallo stile del peggior modernismo ed una brutta targa che nessuno legge.
I siciliani ... eppure il mondo intero c'identifica con la mafia. Non è giusto.
- Papà, voglio diventare magistrato e battermi contro la mafia. -
- Sì, figlia mia. - dico mentre accarezzo la testa della mia terzogenita.
Non riesco a staccare gli occhi dalla Senna.
Ed io siciliano a Parigi? ... quanti siamo? Parecchi.
Mi domando ancora ... ed io, siciliano a Parigi, che ci faccio?
Tanti anni fa sognavo di scrivere il libro perfetto. 
Successivamente ho ridotto le mie ambizioni ed ho pensato che forse avrei potuto limitarmi al racconto perfetto. Adesso aspiro a scrivere almeno una frase perfetta.
Sarà quella che non scriverò mai.
Riprendo la mia passeggiata, torno a casa ... 




giovedì 9 gennaio 2014

Matteo Renzi e Alberto Alesina



Quando mi capita fra le mani un Corriere della Sera cerco gli articoli di Alberto Alesina, li leggo volentieri. Per due motivi: il primo è perché il contenuto è quasi sempre chiaro e preciso (in realtà i pezzi sono spesso firmati in binomio con Giavazzi, anche lui economista) ed il secondo perché ho conosciuto Alberto nei nostri anni giovanili.
Lo ricordo con una testa riccioluta, spesso con la racchetta di tennis (giocava bene, con mia grande invidia). Adesso se dovessi incontrarlo probabilmente non sarebbe possibile riconoscerci. Troppi anni sono passati ed il tempo deve averci trasformati.
Era iscritto alla Fgci. Abbiamo fatto lo stesso liceo e la stessa università ma io ero un po' più scecco (asino; nota del traduttore) ed è giusto che lui sia professore ad Harvard e che io scriva su un "blog" che, con un certo eufemismo, ho chiamato "Guazzabuglio" ma che è un vero "Casino"!
Sì, leggo gli articoli firmati Alberto Alesina ma non li condivido. Lui è diventato un liberista con la scoccia (scorza, buccia; parola usata in siciliano quando si vuole indicare in qualcuno delle qualità fortemente caratterizzanti. NdT) io sono rimasto un keynesiano testa di scecco (parafrasi che in siciliano vuol dire anche testardo. Come potrei essere differente se ero già scecco all'università? Nota dell'autore).
Devo dire però che nell'ultimo articolo mi sono trovato parzialmente d'accordo con lui ed indirettamente con il giovane fiorentino Renzi.
Cosa dicono entrambi?
Piuttosto di massacrarci con le imposte, sarebbe bene andare di nuovo a Bruxelles per sedersi ancora la tavolo della CEE. 
Per proporre cosa? 
Lo sforamento del vincolo del 3% del Deficit Pubblico sul Prodotto Interno Lordo (il Deficit Pubblico è il saldo fra la spesa dello Stato ed i suoi introiti; il Prodotto Interno Lordo è tutta la produzione di merci e servizi dell'Italia). Si chiederebbe quindi di derogare all'accordo siglato dai paesi della CEE nel marzo 2012 chiamato anche Patto di Bilancio Europeo (vi ricordate di Monti quando parlava del Fiscal Compact? Ecco proprio quello lì! ) chiedendo di ridurre il peso fiscale (parte degli introiti dello Stato) ma in compenso effettuando dei tagli nella spesa pubblica. Il Deficit Pubblico aumenterebbe per qualche anno (consentendo il finanziamento della ripresa) e nel contempo si avrebbe un incremento della produzione italiana e quindi del Prodotto Interno Lordo. Nell'arco di poco il vincolo del 3% sarebbe ristabilito.
Certo, fantasie da economisti. 
Perché la domanda che mi faccio è sempre la stessa: ma il mercato globale ci lascerà aumentare la produzione? Chi l'assorbirà? Sessanta milioni d'italiani? L'Italia è sicura di recuperare nell'industria manifatturiera il divario che si è creato fra noi ed i cosiddetti paesi emergenti in tutti questi anni di crisi e di stagnazione? O non deve arrendersi e pensare ad una riconversione dolorosa come è stata fatta in Inghilterra sotto la Thatcher? (Alla faccia di Keynes!)
Stop! Fermati là, Italo.
Obbedisco, mi fermo!
Ma la cosa che m'intriga di più nell'articolo che propone questo scenario è che, prima d'andare a discuterne a Bruxelles, sia Renzi che Alesina e Giavazzi consigliano d'effettuare dei tagli del costo della politica per circa un miliardo di euro. Basterebbe ciò per renderci credibili e sederci al tavolo delle rinegoziazioni. 
Sì, certamente, tagliate un miliardo di costi della politica (non ho idea di cosa parlino, non mi sono documentato, ma gli do credito) e non solamente per far piacere a Bruxelles, ma per noi, per noi italiani che abbiamo bisogno di riprendere la nostra dignità.
Cominciamo da quei tagli per tanto tempo promessi. 
Riguadagneremmo la stima in noi stessi perché ci convinceremmo che abbiamo del carattere e che siamo capaci di far pulizia in casa nostra e poi ... poi si vedrà.
Ciao Alberto.



mercoledì 8 gennaio 2014

L'importanza di chiamarsi Italo

Il corridoio dell'ufficio ha le pareti gialle. Il colore è stato scelto per rallegrare l'ambiente ma a me non piace.
- Bonne année. -
- Bonne année. - rispondo a chi mi saluta.
In Francia ci si dà la mano al primo incontro della giornata e ciò di per sé non è disdicevole, anzi!
Preferisco quest'abitudine a quella italiana di dire dei generici "ciao" o "buongiorno".
Gl'inglesi, che non perdono occasione per ironizzare sui comportamenti dei loro vicini d'oltremanica, quando commentano le strette di mano dei francesi dicono sornioni: touch me, touch me (toccami, toccami; nota del traduttore).
Ciò che però risulta singolare per uno straniero distratto come me è riscontrare la capacità dei francesi di ricordarsi delle strette di mano. E' come se fossero stati educati a tenere una contabilità sui saluti mattutini. Se durante la giornata incontri qualcuno già visto qualche ora prima e gli porgi la mano per salutarlo, quello la ritira indietro, come se toccasse un filo elettrico. 
Nous nous sommes déjà serré la main ce matin (noi ci siamo già stretti la mano stamattina; ndt).
Per me ciò è fonte di profonda frustrazione perché, avendo una pessima memoria, spesso porgo la mano a tutti più volte al giorno e me la vedo più volte ritirare. Infatti, quando sono nell'incertezza d'aver già salutato, faccio il gesto poiché si sono verificati anche casi in cui, dimenticandomi di porgere la mano, c'è stato qualcuno che m'ha detto: Pourquoi tu ne me serres pas la main? Es-tu faché avec moi? (Perché non mi stringi la mano? Sei arrabbiato con me? Ndt).
Ogni paese ha le sue complicazioni.
- Bonjour Italo. - mi saluta l'assistente del gran capo Wikipedia.
- Bonjour Lucie. - le rispondo e mentre le stringo la mano le chiedo in francese - Se ho ben sentito voi m'avete chiamato Italo e non Italò. E' la prima volta  che pronunciate correttamente il mio nome. Cos'è successo con l'anno nuovo? -
- E' il capo che mi ha corretto e mi ha detto che pronunciavo male il vostro nome. -
- Non è grave poiché è un errore in cui incorrono tutti i francesi. -
- Sì, ma lui mi ha detto il suo nome è una parola ... russiola ... ruttiola. -
- Sdrucciola. - 
Ah, che Alain sappia cos'è una parola sdrucciola non mi meraviglia! Deve aver sottoposto la povera Lucie ad un corso sugli accenti italiani!
Rientro nel mio ufficio e penso al mio nome.
Un Italo in Sicilia negli anni 50-60! 
Come portare un abitante della Mauritania in Groenlandia! 
Crebbi in classi piene di Salvatore, Domenico, Gaetano, Sebastiano/a, Concetto/a, Maria, Giuseppe, Mimmo, Assunta, Rosario/a, Carmelo/a ... no, di Italo non ce n'erano e non penso che ce ne siano ancora. Il mio è un nome semplice, facile da pronunciare e da ricordare. Per questo uso molto poco il mio cognome, eppure ... eppure viene sempre storpiato, ormai ci sono abituato.
Le prime storpiature le ho avute proprio in Sicilia dove spesso sono chiamato Itolo.
Ma nella mia terra è possibile ottenere la storpiatura della storpiatura. Infatti si passa da Itolo a Iiiitolo ... con la pronuncia della "i" che viene dilatata all'inverosimile come se fosse un nitrito d'un cavallo.
Fra le due pronunce ve n'è anche una terza: Iietolo. Anche in questo caso il trittongo "iie" è pronunciato in maniera estesa come variante del nitrito precedente.
Certo, l'ho scritto prima, ogni paese ha le sue complicazioni.
Bussano alla porta.
- Entrez! -
E' Bill, l'unico inglese conosciuto in vita mia che parli un francese comprensibile.
Noi due non ci diamo la mano, siamo entrambi stranieri. Quando lo facciamo, avendo acquisito gli automatismi locali, ci scambiamo un complice sorriso.
- Ciao Italio. -
Ah sì, dimenticavo c'è anche la pronuncia anglosassone.

P.S. Fatemi sapere se questo post vi ha divertito, perché potrei scriverne uno sullo stesso tema ma incentrato sul mio cognome.