Sono in
cielo.
Sto volando
sopra il mar Adriatico. Almeno, così suppongo perché non lo vedo. L’aereo è
sopra una soffice coltre di nuvole. Sembra bambagia come quella dei presepi. Quella che osservo dal finestrino però è più spessa.
Mi reco in
Medio Oriente, a Kuwait City. Scalo a Beirut.
Un incontro di lavoro.
Ho
l’impressione di recarmi in un’altra dimensione. Una cosa è certa: m’allontano
dall’Italia. Mi rendo conto che Parigi non è così distante dalla mia famiglia,
dai miei figli.
Comunque il mio viaggio non dura molto, sarò di ritorno fra due giorni.
Questi
viaggi di lavoro sono salutari.
M’offrono la
possibilità di prendere un po’ le distanze dalla mia realtà abituale. Mi
servono perché relativizzo tutto, perché mi danno l’illusione d’andare a
conoscere un altro angolo del mondo. Ma cosa conosco veramente io? … una beata
fava! Un bel nulla!
Aeroporto,
taxi, hotel, sala di riunione, taxi, aeroporto. Questo è il mio giro abituale.
Mi permetto uno sguardo al mondo esterno solo durante il tragitto
fra la città e lo scalo aereo.
Una volta mi resi conto d’essere già stato a Kuala Lumpur, perché riconobbi
l’aeroporto!
Mio padre
dice che sono un fesso perché non mi fermo qualche week end per visitare le
località dove mi reco per lavoro.
Forse ha
ragione.
Guardo
ancora giù. Il tappeto d’ovatta si perde a vista d’occhio. Mi consolo perché
troverò del bel tempo a Kuwait City. Del sole, non troppo caldo, però. Giusto.
Ma la verità
è che non amo fare il turista.
A me piace
“sentire” i luoghi dove vado, non visitarli. Per “sentire” ci vuole del tempo, forse
diversi mesi! Altro che un week end!
Per questo, piuttosto che recitare il ruolo di turista, preferisco fare una toccata e fuga, come Bach o piuttosto come Giulio Cesare!... veni,vidi, vici (andai, vidi e vinsi; nota del traduttore).
Per questo, piuttosto che recitare il ruolo di turista, preferisco fare una toccata e fuga, come Bach o piuttosto come Giulio Cesare!... veni,vidi, vici (andai, vidi e vinsi; nota del traduttore).
Vincere che
cosa? … anche in questo caso: una beata fava! Un bel nulla! … od almeno nulla che mi faccia sentire
vincitore di qualcosa. Forse ho partecipato alle vittorie della mia società, ma
non sono le mie!
Cambio soggetto adesso penso
all’Italia ed ai poliziotti che si sono levati i caschi, che hanno
fraternizzato.
Due giorni fa i notiziari italiani avevano fatto il pieno della notizia, mettendo
quasi in second’ordine il funerale di Mandela. In effetti, almeno per il nostro
paese è una notizia importante.
Guardo il
mio vicino a fianco. Strimpella sul suo note
book. Provo a dare un occhiata sul video. Sta lavorando forse per preparare
una presentazione.
Sospiro
facendomi prendere da un insano senso di colpa.
Meglio
guardare le nuvole.
Pasolini
scriveva, negli anni settanta quando ci si picchiava con la polizia, che nelle strade si battevano i figli dei sottoproletari contro i quelli
dei borghesi.
I celerini
(così all’epoca erano chiamati gli agenti antisommossa) appartenevano al
sottoproletariato meridionale, mentre i giovani contestatori alla borghesia.
Era un vero controsenso!
Chi andava
nei cortei cantando inni comunisti e inneggiando a Lenin, Stalin e Mao Tse Tung in teoria si batteva per coloro che prendeva a
sprangate. Chi, invece, menava di manganello e sparava gas lacrimogeni, si scontrava contro chi diceva di manifestare a sostegno della classe di provenienza dei celerini!
Quando lo
scrittore denunciò la contraddizione, ci fu chi non capì e si sospettò che
fosse pagato dai padroni. Ma Pasolini non è di sinistra? Ci chiedemmo.
Eh sì,
perché all’epoca o si era di destra o di sinistra, difficile stare in mezzo. Ci
provavano quelli di Comunione e Liberazione, i ciellini. Quelli come Formigoni.
Nessuno li prendeva a sprangate, adesso però ci sarebbero molti che li
prenderebbero a calci nel sedere!
La hostess
mi offre il vassoio con un pasto freddo. Mi chiede cosa voglio da bere.
- Un vino
rosso. –
- Del Bordeaux? – mi propone mostrandomi un’etichetta che non conosco.
- Va
benissimo. –
Il vino è
maledettamente freddo!
Sì, certo si
era o di destra o di sinistra, si era schierati.
All’epoca
nessuno degli agenti si sarebbe tolto il casco o avrebbe fraternizzato. Alla
fine avrebbero dovuto farlo con chi? Con dei borghesucci che nascondevano sotto
il kefiah (lo stesso copricapo che
copriva il capo di Arafat; nota del redattore) l’abbronzatura presa durante i
week end sulle piste da sci? No, meglio dargli qualche manganellata a quei
ragazzotti viziati!
Adesso i
giovani agenti, discendenti diretti dei celerini, si tolgono il casco e
fraternizzano, perché? Perché di fronte hanno dei giovani come loro che non
hanno un colore politico e sono alla ricerca d’un avvenire. Perché la politica
non esiste più o meglio, se esiste ancora, rappresenta una classe che è considerata da tutti solo parassitaria.
Oddio, cado
nel populismo!
L’hostess
arriva per portar via il vassoio.
Non le cedo
il bicchiere ma lo tengo stretto fra le mani. Spero che il vino si riscaldi.
Populismo?
Ed allora? I politici che liquidano chi li contesta accusandoli di populismo
dovrebbero vergognarsi perché sono loro stessi
l’origine di tale fenomeno. Sono loro che, rifiutandosi di capire e fare
mea culpa, gettano nelle braccia dei capopopolo i milioni
d’insoddisfatti che calpestano il patrio suolo.
La gente è
incazzata. I giovani sono incazzati ed hanno tutti lo stesso problema: non
sanno qual è il loro futuro.
Provo a
sorseggiare il vino. Il mio vicino ha riposto il suo pc portatile e s’è
addormentato con il capo leggermente reclinato all’indietro e la bocca aperta.
Perché
dovrebbero battersi fra di loro i giovani se non hanno nessuna rivalità e se
non vedono nell'altro un pericolo e non provano per lui nessun
risentimento? Sentono che di fronte
hanno uno come loro, profondamente incazzato. Sanno che sono tutti nella stessa
barca e non vorrebbero che affondasse.
Guardo fuori
dal finestrino e penso ai miei figli.
Le nuvole
cominciano a diradarsi e s’intravede risplendere il Mediterraneo.
Sento le
palpebre pesanti. Ho voglia di dormire anch'io.
Beirut non
deve essere lontana.