M’aggiro fra gli alberi del mio terreno in Sicilia. La terra umida rilascia la pioggia caduta in questi ultimi giorni. Il tepore dei raggi invernali crea i vapori che si condensano in una leggera foschia pomeridiana.
I campi stanno rendendo al cielo l’acqua non necessaria.
Gli ulivi sono stati munnati (potati; nota del traduttore) ed hanno l’aria
che avevo quando da ragazzino tornavo dal barbiere.
… … … …
Era il periodo in cui i Beatles
facevano conoscere al mondo intero, quindi anche a Gela, la moda dei capelli
lunghi. Io ero un ragazzetto che frequentava la quinta elementare ed alcuni mie compagni di classe vantavano delle zazzere ribelli prendendo spunto
dai loro fratelli più grandi. Io non ne avevo in quanto sono il
primogenito anche fra i miei cugini.
Quindi se volevo portare i capelli lunghi, dovevo lottare da solo.
- Italo, vai a tagliarti i capelli! –
- Papà, li voglio far crescere come i
miei compagni di classe! –
- Sembrano dei ragazzi di strada così
combinati! Eppoi sono portatori di pidocchi! – interveniva mia nonna a cui
rimproveravo di non farsi mai gli affari suoi – Un uomo deve portare la fronte
scoperta, alta … così come quella degli uomini intelligenti! –
E per mostrarmelo mi metteva davanti
lo specchio e mi tirava su i capelli in corrispondenza dell’attaccatura dello
scalpo e poiché ho la fronte bassa
spingeva ancora più su!
- Ahi, nonna! – facevo dopo un po’.
- Dovresti farlo ogni giorno – diceva
lei – così diventi intelligente! –
Il suo consiglio m’aiutò a perorare
la mia causa. Da piccolo non ero intelligente ma furbo sì!
- Se mi faccio crescere i capelli e
li pettino all'indietro, potrò tirali di più e la mia fronte sarà più alta e
quindi diventerò un genio! –
- Va bene, comunque dal barbiere ci
devi andare in ogni caso per farti dare una sistematina. – insistette mio padre
– Digli che ti faccia il taglio all’Umberta.
–
Così feci, cadendo nel tranello. Solo
quando divenni adulto capii che il
colpevole era Umberto II di Savoia che si faceva tosare con la macchinetta.
In ogni caso quell'imbroglio paterno m’obbligò
per diversi giorni ad andare a scuola con un berretto per nascondere i capelli a spazzola e per
non farmi irridere dai miei compagni.
Gliene volli a mio padre e forse,
malgrado i decenni trascorsi, ancora un po’ adesso.
… … … …
Cammino ed annuso l’aria con fare un
po’ della bestia che riconosce l’odore della sua tana e si sente nel suo
rifugio, lontana da altre fiere che la possono attaccare.
Dentro la mia tasca il telefono
vibra.
Lo estraggo, leggo sul visore il nome
di chi mi chiama … ah bene, si pensa al diavolo e …
- Ciao papà, come va? –
- Sei già in Sicilia? –
- Sì papà… con l’aereo si fa presto! –
- Eh beh, certo … ma perché non m’hai
chiamato per avvertirmi che eri arrivato? –
Rimproverami di tanto in tanto lo fa sentire padre.
- L’avrei fatto stasera, papà. Il
viaggio non è poi così lungo! –
- Italo. –
- Sì, papà. –
- Ma … me lo hai portato il vino che
mi piace tanto? –
Vorrei ben vedere che non gli piaccia! Costa più di 25
euro a bottiglia!
- Certo papà, te l’ho messo dentro la
dispensa! –
- Sai, domani vengono i miei amici e
vorrei stappare una bottiglia per festeggiare la liberazione della Yulia Tymoshenko. –
- Chi? –
- L’ex primo ministro ucraino … sai
quella che avevano messo in prigione? –
- Papà è ancora in prigione … ! –
- Ah sì? … peccato, una così bella
donna! Beh, brinderemo lo stesso! –
Papà … papà …
- E cosa direte, allora a Laura
Boldrini? –
- Ah già, è vero … beh, stapperemo
una bottiglia anche per lei! –
Che il Signore vi benedica!