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venerdì 28 marzo 2014

Quel discolo di mio padre ...




- Caro papino, come stai? -
- Ma ti sembra normale che a quasi sessant'anni tu possa chiamare ancora tuo padre, papino? -
- Beh, papà, è un modo per far ringiovanire entrambi ... tu ne hai quasi novanta! -
- Appunto, non voglio sentirmi ridicolo alla mia età. -
Uhm, ho capito. Oggi gira male!
- Tutto bene, papà? -
- Sì, tutto bene. - sembra il ruggito d'un vecchio leone - Lo sai che ha fatto tuo fratello? -
Qualcosa che certamente non gli è piaciuta perché sennò l'avrebbe chiamato per nome od avrebbe detto "mio figlio". Quando qualcuno fa qualcosa che non aggrada appartiene sempre all'altro. La stessa cosa avviene con la mia ex-moglie, quando mi deve riferire sulle malefatte che riguardano i nostri figli usa sempre "tuo figlio" o "tua figlia" come se si trattasse d'un ripudio momentaneo.
- No, non so cosa ha fatto tuo figlio. -
- Mi ha nascosto le chiavi della macchina. -
Lo so, l'abbiamo concordato assieme.
- Forse, le hai perse papà ... -
- No, non le perse ... mica sono scemo! -
- Non dicevo questo ... capita a tutti di perderle. -
- Ti dico che non le ho perse ... ma io l'ho fregato! Perché ho tirato fuori quelle di riserva! -
Porco cane! Sì, è vero c'ha fregato!
- Uhm ... papà, non mi dirai che ti sei messo a guidare. -
- Certo che sì! Chi va al supermercato? -
- Ma se ti è scaduta la patente! ... non puoi guidare papà. Lo vuoi capire? -
- Tu sapevi che tuo fratello m'aveva nascosto le chiavi? -
Sì che lo sapevo. 
Avevamo cercato d'impedirgli d'usare la macchina staccando i fili della batteria nella speranza di poterlo convincere che l'auto avesse un guasto e quindi fosse inutilizzabile. Ma lui, che s'intende di meccanica tanto quanto io d'astrofisica, s'era fatto venire un meccanico di non esemplare onestà. Gli sostituì la batteria facendogli pagare 180 euro. Il primo impeto fu quello d'andare da quel signore e fargli notare quanto di bassa levatura  fosse il suo agire ma mio fratello preferì desistere per evitare che, soprattutto da parte mia, si potesse trascendere ed andare oltre alla semplice recriminazione.
Insieme decidemmo di cambiare strategia  e d'adottare lo stratagemma delle chiavi perse.
Vivendo io lontano dall'Italia lui dovette sobbarcarsi l'onere dell'esecuzione di quel piano diabolico.
- Sì, che lo sapevo che t'avrebbe nascosto le chiavi ... papà, lo facciamo per il tuo bene: ci vedi poco, soffri d'asma, hai il ginocchio che non ti funziona ed hai bisogno del bastone ... la patente t'è scaduta ... se ti succede qualcosa, che facciamo? Al supermercato t'accompagnano i tuoi nipoti. -
- Tradito dai miei due figli! -
- Papà, ma che tradimento! ... hai solo la testa dura ... ma ti rendi conto che puoi essere pericolo per te e per gli altri? -
- Ma fammi il piacere! -
- Non puoi aspettare che ti facciano la visita di controllo per il rinnovo della patente? - gioco l'ultima carta che mi resta a disposizione.
- Ma  ... è fra un mese! ... io devo fare la spesa ! -
- Per un mese! ... aspetti ... telefoni ai tuoi nipoti e ti fai accompagnare ... non succede niente per un mese! -
- Uhm ... -
- Dai, su ... il prossimo week end ti porto ... del foie gras e del bordeaux ... va bene? -
- Ok, va bene ... -
Finita la telefonata mando un e-mail a mio fratello per avvertirlo che nostro padre è in possesso delle chiavi di riserva e che ha promesso di non guidare fino ai risultati dell'esame di controllo per il rinnovo della patente.
... ... ...
La giornata è finita e bevo l'ultimo sorso di birra prima di sparecchiare.
Vibra il telefono. Il mio secondogenito.
- Ciao, come stai? -
- Bene, papà e tu? -
- Con una pizza bruciacchiata francese che galleggia, dentro la mia pancia, su trentatré centilitri di birra belga! - 
- ... uhm ... pas mal ... come t'invidio! -
- Spiritoso ... ah, prima che lo dimentichi: telefona a tuo nonno e chiedigli quando vuole che lo si accompagni a far la spesa. Sono riuscito ad ottenere che non guidi più fino a quando non otterrà il rinnovo della patente! -
- Sei sicuro? -
- Sicuro di cosa? -
- Che il nonno non guida più? Io, l'ho visto sfrecciare in macchina oggi pomeriggio! -
Benedetto uomo! ... da sculacciare!

mercoledì 26 marzo 2014

Gelosia


- Ciao papà. -
- Ciao figlia. Da quanto tempo! Certo adesso, da quando ti sei messa con Tiamotiamo, tuo padre non esiste più! -
- Smettila di chiamarlo così! -
- E come dovrei chiamarlo? -
- Col suo nome. Si chiama Filippo. Eppoi ho avuto molto da studiare in questi giorni! -
- Sì, vabbè ... come va il nonno? -
- Uhm ... bene. Ce l'ha con il presidente Napolitano in questo momento. -
- Perché? -
- Per invidia ... perché ha visto in una fotografia che accarezzava Laura Boldrini. Lo chiama vecchio pervertito -
- Ma se hanno la stessa età! -
- Certo, ma il nonno non può dare una carezza alla Boldrini mentre Napolitano sì! -
- Che forza, che è tuo nonno! -
- Tu sei come lui, tutti uguali voi Persegani! -
- Ma che dici? Non capisco. -
- Siete degli invidiosi: il nonno di Napolitano e tu di Filippo. -
- Ma che c'entra! Io stavo scherzando perché mi piace stuzzicarti. Eppoi non sei anche tu una Persegani? -
- Io parlavo dei maschi Persegani. -
- Prima di tutto si tratta di gelosia nei confronti della Boldrini e tuoi e non d'invidia! E poi cosa c'entrano i tuoi fratelli? Anche loro sono gelosi? -
- No, loro no ... sono giovani. -
- Non capisco cosa vuoi dire. Da vecchi si diventa gelosi? -
- Che ne so? A sentire te ed il nonno sembrerebbe di sì! -
- Ma io ti provoco e poi il nonno non bisogna prenderlo sul serio ... è sempre stato così: cerca sempre qualcuno con cui prendersela. -
- Ha detto che vuole votare Grillo così caccia Napolitano. -
- Hai visto che non bisogna pigliarlo sul serio! Te lo vedi tu il nonno votare Grillo? -
- C'è d'aspettarsi di tutto! Noi Persegani siamo un po' matti! -
- Ah bene, sei tornata in famiglia! -
- Non capisco! -
- Sei passata dal voi al noi! Che fai stasera? -
- Esco. Fra poco passa a prendermi Filippo. Andiamo a pub ad incontrare degli amici. -
- Ma sono le nove e mezza, non vai a scuola domani? -
- Torno presto, papà, giusto due orette eppoi domani non ho interrogazioni! -
- Uhm ... ti lascio andare! -
- Tanti baci, papà. -
- Tanti baci, figlia. -
Guardo la tele davanti a me. Rialzo il volume, ma non ascolto.
Rimugino.
- Vuoi vedere che quello lì non la fa studiare? -
Mi telefona il mio primogenito dalla Sicilia. Dopo un po' gli dico:
- Sono preoccupato per tua sorella penso che Tiamotiamo non la faccia studiare. -
- Papà, smettila di fare il geloso! -
Vorrei dirgli che non lo sono, ma è inutile. Nessuno ci crede!

lunedì 24 marzo 2014

Le cretine


Giornata magnifica.
Cammino lungo le sponde della Senna ... mi piace, mi piace.
E' ancora presto e l'Ile de France si sta risvegliando scoprendo che il sole riscalderà la giornata. Ieri il vento ha spolverato via lo smog accumulato nei giorni precedenti e la gente uscirà per le strade come i crastuni (le lumache dopo la pioggia; nota del traduttore).
Sulla riva del fiume non è sempre facile inoltrarsi. Alcune volte ci sono passaggi stretti e si rischia di rotolare giù se non si fa attenzione. Sull'altra sponda, dietro un viale alberato s'affacciano le case borghesi di Neully. Le peniche (chiatte galleggianti usate come abitazioni; ndt) s'allineano sulle banchine. Strano compromesso fra due concetti antitetici: fra la stabilità (casa) ed il movimento (imbarcazione).
Come al solito i miei pensieri vagano e per associazione d'idee le recenti vicende in Crimea mi riportano a Camillo Benso, conte di Cavour.
- Dio Bono, che statista!- mi dico.
Uomo con un disegno chiaro in testa e che ha saputo usare il suo intelligente cinismo per rendere l'insignificante regno di Piemonte una potenza europea. E' morto giovane ... se fosse vissuto di più che diavolo avrebbe combinato?
Opportunista come pochi, usò anche la cretina Contessa di Castiglione per i suoi scopi.
Sì, per me quella donna fa parte delle cretine.
Chi sono le cretine? Sono sempre esistite (come anche gl'imbecilli) accompagnano il progredire del genere umano e lo rallentano come se fossero delle zavorre. Difficile definirle. Mi aiuterò con degli esempi.
Una cretina può essere una donna belloccia che usa la sua avvenenza per diventare personaggio pubblico e sedere nelle assemblee regionali, provinciali se non addirittura parlamentari. Può esserlo anche una donna senza talento ma anch'essa belloccia (certo, una caratteristica necessaria ma non sufficiente per essere cretina è possedere il belloccismo. La bellezza è un'altra cosa, parte da dentro.) che sostenuta da un press agent diventa un personaggio popolare ma privo di contenuti. Sono sufficienti questi due esempi per comprendere di quale tipologia di personaggi parlo.
 In genere le cretine s'accompagnano agli imbecilli e capita che accoppiandosi generino dei figli. Terrificante. E' loro diritto, certo ... sennò si diventa razzisti.
Cammino lungo un punto stretto e con la pavimentazione sconnessa. Se cado giù ho un bell'argomento da raccontare. Faccio attenzione e non penso più alle cretine ed agli imbecilli per non fare io la figura dello stupido.
Sopra di me oltre al vialone, dove passano le macchine c'è Puteaux, vi morì Vincenzo Bellini.
Ecco, ho superato il pezzo più critico.
Perché ce l'ho tanto con le cretine e con gl'imbecilli? Perché sono vuoti e vengono spesso portati ad esempio dello stile di vita che si deve seguire. Ecco, per appartenere alla categorie delle cretine bisogna non solo praticare il belloccismo ma anche il vuotismo. Quindi le condizioni necessarie e sufficienti per essere cretine sono quelle d'essere bellocce e vuote.
E gl'imbecilli?  Poiché sono stati portati anche loro in causa, quali sono le condizioni per definirli tali? Una sola, il vuotismo. Gl'imbecilli non hanno bisogno d'essere bellocci, solo vuoti.
Ma se le due tipologie di parassiti hanno sempre fatto parte del genere umano, perché tanta veemenza nel rifiutarli?
Ordine, un po' d'ordine, per favore, sennò non si capisce niente.
Ritorno alla Contessa di Castiglione.
Come ho già scritto era una cretina perché priva di contenuti e solo piena di belloccismo tanto da dichiarare che il destino era stato crudele e non le aveva dato le buone opportunità altrimenti sarebbe diventata finanche Imperatrice di Francia (forse, Carla Bruni ha preso da lei ispirazione? Sono entrambe piemontesi.).
Certo, cretinerie.
Ma a quei tempi certe idiozie rimanevano circoscritte e non godevano della popolarità che hanno al giorno d'oggi. Infatti una frase del genere detta da una cretina fa in breve il giro del mondo e la rende popolare. Tali eventi autorizzano le altre cretine a dire altrettante cretinerie che circolando creano un vortice. In breve il mondo ne è avvolto, soffocato, esattamente come fanno le piante parassite quando prendono piede.
Per questo i mi dichiaro crociato contro le cretine e chiedo il sostegno del resto dell'umanità. Basterebbe solo un po' di censura dando meno eco a ciò che dicono.
Si cerca di celebrare la donna ed il suo sacrosanto ruolo imponendolo con percentuali nei parlamenti e nei consigli d'amministrazione (in Francia si cerca di fare anche questo) ma non si potrebbe cominciare a combattere le cretine (e gl'imbecilli) per celebrare le vere donne?
Com'è finita la Contessa di Castiglione?
In una casa di campagna senza specchi perché non era più belloccia e non voleva rassegnarsi. Infatti aveva perso il belloccismo e gli era rimasto il vuotismo. Visse da cretina ma morì da imbecille.

P.S.: si potrebbe obbiettare che le cretine sono in effetti furbe. No, la furbizia procura beneficio nell'arco intero d'una vita. L'agire delle cretine è fine a se stesso e si stempera dopo qualche tempo lasciando il vuoto, per l'appunto.



giovedì 20 marzo 2014

Il primo giorno di primavera


Un po' di musica forse aiuta a rendere più digeribile il testo ... J



Ricordo ch'ero sul tram coi sedili 
in legno ed a mezzodì il sole forò 
le ultime opache nebbie mobili 
e con tocco lieve il volto mi sfiorò.

La felice speranza ancor tornava
dopo il troppo prolungato inverno
ché il sorriso ucciso pareva
come se fossi prossimo all'inferno.

Ricordo che provai la sensazione
d'uscire dal sentiero affollato
da nere sagome che prive d'azione
rendevano il cervello addormentato.

Avevo quindici anni che pochi
mi sembravano mentre io ancora
irrequieto, preso dai sacri fuochi,
mandavo sempre tutto in malora.

Ricordo che i miei sogni irreali
erano degli obbiettivi lontani,
alla vita volevo io metter le ali,
avere subito il destino nelle mani.

Anche oggi arrivata è la primavera,
dietro gli anni mi sembrano tanti
adesso ho perso quella sicumera
ché non so quanti ne avrò davanti.

lunedì 17 marzo 2014

Eroi


Guardo il copri-vaso dentro cui d'almeno due anni cerco di mettere una pianta d'accudire.
Vuoto.
Muoiono tutte. Perché? Le posiziono fra le due porte-finestre del soggiorno. Luce indiretta. Tocco la terra ogni giorno. Controllo se è umida. Forse è questione di pollice verde? Me li guardo entrambi.
Devo tagliare le unghie.
Sabato mattina.
Fuori il vento freddo scorrazza per le vie ricordando a tutti che manca ancora qualche giorno prima che la primavera s'insedi. Ma s'insedierà?
Ieri la mia squadra del controllo di gestione ha pubblicato il rapporto sui risultati del primo bimestre. Buoni, migliori del budget. Il tempo meteorologico ha aiutato, solo negli Stati Uniti le nevicate sulla costa Est hanno rallentato le consegne. Forse la mia società farà un buon anno. Il valore delle azioni cala comunque. Certo, le aspettative degli analisti non sono delle migliori, la crisi in Ucraina non lascia nessuno tranquillo!
La Crimea.
Cavour ci mandò i bersaglieri per infinocchiare Napoleone III e, per cucinarlo ben bene, anche la contessa di Castiglione ma lei non andò sui campi di battaglia, andò direttamente nel letto dell'Imperatore, a Parigi dalle parti di Place Vendome.
La Crimea.
In quella stessa guerra morirono tanti uomini. I più ricordati, forse, sono i giovani cavalieri inglesi che s'immolarono in una carica piena di pazzo eroismo. Erano seicento e si lanciarono direttamente contro le bocche dei cannoni russi. La carica di Balaklava. Ne fu fatto un film.
Errol Flynn, mitico. 
Quand'ero bambino m'immaginavo che anche la mia vita sarebbe finita così, con la lancia in resta contro il nemico.Quale nemico? Il nemico e basta!
Un giorno zio Gigi mi disse:
- A che serve essere eroi quando poi si è celebrati da chi non lo è? Quando sei ricordato dai vigliacchi? -
Zio Gigi, mitico. 
Eroe anche lui senza esserne cosciente ed a dispetto di quello che poteva pensare di se stesso. Eroe degli anti-eroi. Eroe pieno di macchie. Per lungo tempo considerato pecora nera della famiglia.
- Nella nostra famiglia siamo tutti dei mediocri. - diceva - Dobbiamo forzarci d'essere almeno dei "buon mediocri". -
Bravo! Come se fosse facile!
Anche lui, bello come Errol Flynn ... adesso riposa lontano ...  in terra d'Africa, a Lusaka.
La Crimea.
Tolstoj ed i suoi bellissimi racconti.
La Crimea.
La seconda guerra mondiale ed l'assedio di Sebastopoli. Otto mesi di massacri.
Basta adesso ... basta stronzi ... basta produrre degli inutili e sconosciuti eroi su questa terra che di sangue ne ha visto scorrere già abbastanza!
Guardo fuori attraverso la porta-finestra i passanti che si stringono nei loro soprabiti. Il vento dovrebbe liberare Parigi dallo smog ...
Eroi.
Uno dei miei eroi è Antonio Gramsci.
Non certamente bello, storterello a causa della sua malattia ossea, ma con un cervello affascinante e generoso. Innamorato d'una donna avvenente che gli diede due figli e che frequentò poco a causa delle prigioni fasciste. Lei russa, lui sardo con discendenze albanesi. Morì di stenti dopo un lungo periodo passato al confino ed in prigionia. Scriveva, mentre soffriva, belle pagine, piene di contenuti profondi e di pensieri sottili. La scrittura è vita. E' riuscito a fare del sincretismo fra la piccola Italia, che s'era immolata al fascismo perché povera d'idee, col resto del mondo. Attraverso la sua analisi sul comunismo, di cui era fondatore del partito italiano, era riuscito ad inserire il nostro paese in un dibattito molto più vasto facendo uscire gli intellettuali dall'oscurantismo del ventennio fascista. Suo degno nipotino: Berlinguer, anche lui sardo.
Antonio, lessi i tuoi "Quaderni del Carcere" quando ero liceale. Capii poco e la mia frustrazione l'espressi sottolineando le frasi che non riuscivo ad assimilare ... sottolineai quasi tutto il tuo libro. Era un'edizione economica, chissà dov'è? Se Tempo mi rimarrà ti leggerò ancora e meglio, te lo prometto. 
Ti chiedo scusa, Antonio,per aver massacrato un tuo libro. Irresponsabilità giovanile.
Sai cosa mi piace di te? La tua analisi sulla letteratura italiana e la critica che tu ne fai, ancora attuale secondo me. Forse le idee politiche che ti hanno animato sono state superate dagli eventi da te non conosciuti in  vita, ma l'analisi sul Manzoni ... semplicemente fantastica! Sai un'altra cosa? Penso che hai ragione quando asserisci che gli scrittori italiani non hanno saputo creare una letteratura ... troppo distanti dal lettore popolare ed affetti da onanismo intellettuale.
Antonio Gramsci, mitico.
Guardo in alto ... quando tornerò in Italia non vedrò più questi tetti con i camini che fuoriescono con bocche allineate come se fossero le canne d'un organo. In Italia, in Sicilia vedrò altre cose ... i miei ulivi, per esempio.
Eroi.
Ce n'è una che da diverso tempo è su un letto, a Faenza.
Scrive come solo una Regina della Parola sa fare.
Lei m'indirizza messaggi con lusinghe sulla mia scrittura. Io, quando leggo i suoi "pezzi" sul blog, sono in grado di misurare la distanza che separa Salieri da Mozart. Si chiama Antonella Agostini, alias Lara del Duca ... Lara, Lara Croft è la sua avatar ... sì, è proprio come lei.
Antonella, mitica.
Guardo ancora il copri-vaso.
E se provassi con un pianta grassa? Magari resiste di più. Ho bisogno di prendermi cura di qualcuno, di qualcosa.
Miei eroi, vi lascio per qualche minuto, qui in soggiorno ... vado giù dal fioraio ... tornerò con una pianta piena di pungiglioni.

P.S.: Per la ricerca su Google di Lara del Duca digitate: laradelduca-scrive.blogspot.com ... buona lettura! 

mercoledì 12 marzo 2014

I politici e l'etica della fila


Qualche giorno fa leggevo un'interessante recensione sul libro d'una giornalista italiana che vive a Londra da tre anni e che ha avuto l'idea di confrontare gli usi ed i costumi dei due paesi.
L'Italia ne esce malconcia, siamo perdenti soprattutto a causa dei nostri politici strenuamente abbarbicati sulle loro poltrone. Lo sarebbero un po' meno se, quando sono messi sotto accusa per fatti gravi, presentassero le dimissioni.
L'attaccamento ossessivo della cadrega, se non fosse deleterio per il paese, risulta anche un po' comico, soprattutto quando i nostri politici si difendono asserendo che sono vittime d'ingiustizie e di persecuzioni. Come se fossimo al tempo dell'Inquisizione.
Una valutazione economica, che non è stata eseguita e che meriterebbe d'esserlo, riguarda il costo sopportato dal popolo italiano per questa classe politica inefficiente. Non sto parlando degli oneri legati alle diarie, rimborsi spesa, stipendi e vitalizzi (esercizi contabili già fatti!) ma del costo che la società deve sostenere per riuscire finalmente a scollare dalle loro sedie i politici che non applicano su se stessi il sano principio delle dimissioni.
Pensate agli stipendi di tutti i magistrati, poliziotti, organi dell'apparato pubblico che devono lavorare per montare dei dossier che rendano scollabili personaggi che non meritano la fiducia dell'elettore? Ma questi sono ancora costi facilmente misurabili!
Provate ad aggiungere al conto anche quelli legati all'attenzione che l'opinione pubblica da a queste vicende e quanta energia viene distolta nella ricerca della soluzione di problemi sostanziali. L'esempio davanti agli occhi di tutti è la vicenda Berlusconi: quanto tempo s'è perso per cercare di montare dei processi contro di lui piuttosto d'attaccarlo sulla pochezza dei suoi programmi politici? Qual'è stato il mancato ritorno economico per l'Italia causato dalla profusione dei mezzi spesi per ascoltare le signorinelle dalle esigue virtù ed i loro magnaccia? Non sarebbe stato meglio piuttosto concentrarsi su problemi più seri come la lotta alla criminalità organizzata o all'evasione fiscale?
Ecco io provo a pensarci e giungo alla conclusione che l'importo debba essere considerevole.
Non dico che Berlusconi e quelli come lui non debbano essere perseguiti se violano la legge ma che sarebbe stato meglio se l'etica imperante del paese li avesse obbligati a dimettersi piuttosto che perdere del tempo nel convincerli a farlo.
La responsabilità è anche di noi elettori italiani infatti se avessimo assunto un atteggiamento più anglosassone non li avremmo votati!
Quindi la filosofia immorale dei politici (e dei loro elettori) è un grosso costo per la società, se poi a ciò ci aggiungiamo l'incompetenza che li accompagna il conto diventa ancora più sostanzioso.
In questi giorni è in corso la kermesse che porterà (si spera!) alla riduzione dei parlamentari, risultato notevole se lo dovessero veramente decidere! 
Ma tale cambiamento si dovrebbe accompagnare anche all'instaurarsi d'una nuova "etica", perché il mio timore è (e si tratterebbe di beffa) che quelli che rimangono saranno proprio coloro che sono i più incollati alla cadrega! Insomma la speranza è che si possa averne un giorno dei pochi ma buoni perché altrimenti dei pochi ma cattivi non sarebbero un vero e sostanziale guadagno per il paese.
Forse sono troppo negativo.
Ritorno adesso alla giornalista che ha messo a confronto gl'inglesi e gl'italiani.
Secondo la recensione che promuove il libro, la conclusione finale è che alla base della filosofia immorale degli italiani ci sia la cattiva abitudine di non voler fare le code.
Mi permetto di dissentire poiché quello della coda d'attesa è un falso problema.
Ne discutevo qualche anno fa con un mio collega catalano (guai a chiamarlo spagnolo!).
Qui in Francia, fra stranieri ci si abbandona a qualche critica nei confronti del paese che ci ospita e ricordo che scherzavamo sulle code che i francesi formano quando devono andare a comprare il pane. Difficilmente una fila indiana di questo tipo si può vedere in Italia o nella penisola iberica. 
Il mio amico catalano mi faceva notare che la coda dal panettiere è inutile. 
In effetti è sufficiente guardare e memorizzare le persone che arrivano dopo di noi per sapere che il nostro turno viene prima del loro. Inoltre questo metodo stimola la socializzazione perché la gente si guarda e si parla (chi è il prossimo?  Io! ... oppure ... la signora col cappotto rosso che era qui prima di me! ... ). 
Bisogna che i francesi l'ammettano: fare la coda fuori dalla boulangerie è piuttosto triste, soprattutto quando fa freddo o piove!
Quindi il metodo mediterraneo non è male, anzi è socialmente auspicabile perché favorisce la comunicazione ... ma ... ma quello che lo rende detestabile è il malcostume degli italiani (non mi cimento in analisi sugli iberici poiché comunque sono più disciplinati di noi italici!).
Quando si entra dal panettiere l'occhio dell'italiano medio si dilata ed i battiti cardiaci s'accelerano perché l'attenzione si focalizza non sulla scelta del pane ma soprattutto sugli altri clienti. Temiamo, infatti, che ci possa essere qualcuno che ci freghi e si faccia servire senza rispettare l'ordine d'arrivo!
In Italia siamo condizionati dal concetto della fregatura poiché siamo indulgenti con noi stessi quando la diamo ma perdiamo ogni controllo quando la riceviamo (a me nessuno mi fa fesso!)! Chi nella sua vita non ha resistito almeno una volta di passare davanti alla vecchietta di turno?
La tecnica è rodata: s'assume l'aria un po' distratta e quando la commessa/o s'appresta a passare ad un altro cliente, prima che sia in grado d'individuarlo, si dice: due filoni, per favore!
La scena che segue la conosciamo tutti avendola vissuta svariate volte nella vita.
Vorrei concludere con un'esortazione:
Sorelle e Fratelli italiani, se vogliamo migliorare la nostra classe politica cominciamo a non voler fregarci vicendevolmente dal panettiere e l'Italia migliorerà!
Non c'è bisogno d'istituire delle code (magari per legge!) ma d'imporci solo un po' d'etica comportamentale anche nelle piccole cose. Insegniamolo ai nostri figli.
Non cambiamo le abitudini, ma solo la nostra maniera di porci nei confronti degli altri, rispettandoli di più ... ma restando sempre italiani ... che diamine!

P.S.: mi domando: forse non avremmo avuto la Terra dei Fuochi in Campania se i nostri padri non ci avessero abituati a gettare le cartacce per strada? Oppure ancora: forse la Svizzera è più pulita dell'Italia perché abituano i bambini a non gettare la carta delle caramelle per terra?  ... ma allora, perché lo fanno quando vengono in Italia?


martedì 11 marzo 2014

Gli uomini intelligenti



Mi riceve con i piedi sulla scrivania.
Quarantaquattro anni, alla testa della direzione finanziaria d'un Gruppo che fattura 42 miliardi.
Io sono uno dei suoi direttori che gestisce la finanza d'un quarto della medesima multinazionale.
Ho cinquantotto anni e non credo più ai giochi di potere ed alle giostre delle vanità.
Lui ci crede e ci crede tanto.
Io vengo da un paese popolato da sessanta milioni di Machiavelli.
Lui Machiavelli l'ha studiato a scuola ed adora la logica che si cela dietro a "Il Principe". 
Lui si sente "Il Principe". 
Io mi sento Italo.
Lui viene dal paese che ha creato "Gargantua et Pantagruel". 
Lui si sente il Re.
Io mi sento Panurgo.
La verità è che sono circondato da "Principi" o da presunti tali.
Alla mia età, ho voglia di sani contadini, di villi lontani dalle corti e dalle stanze dove si sogna il potere. Dove eternamente si prevarica sugli altri credendo che tale gioco sia l'essenza della vita.
- Ciao Patrick. -
- Bonjour Italo ... finisco di leggere questo documento e sono da te. -
Mi siedo ed attendo che finisca. Guardo fuori dall'ampia vetrata. Un debole raggio di sole riflesso dalla facciata d'una torre in vetro ed in acciaio gioca con i miei occhi.
Il pensiero mi va ad un direttore generale che ebbi come capo in una società editrice in cui divenni direttore amministrativo. Ero giovane e lui un vanitoso.
Mi toccava la pancia dicendomi: dottore, io ho più addominali di lei!
Mi ricordo il giorno in cui uscì il libro d'una autrice priva di qualsiasi capacità se non quella d'aver accumulato molte esperienze fra le lenzuola. Scrisse o fece scrivere una raccolta di racconti sui suoi amplessi fra cui quello avuto col direttore generale dagli addominali d'acciaio. Nel resoconto rilasciato dalla signora sembrerebbe che il dg dopo le prestazioni sessuali si sia messo ai piedi del letto a fare delle flessioni. I soliti ben informati mi riferirono che l'uomo e la donna s'appartarono per cimentarsi in prestazioni con i loro genitali mentre gli altri dirigenti della casa editrice s'intrattenevano col marito in un ricevimento dato in suo onore. Il cornuto era (morto da diversi anni) uno dei più noti scrittori italiani del secolo scorso.
Al direttore generale dagli addominali d'acciaio successe un altro signore dal sorriso irresistibile. Non ci siamo mai amati e non solamente per lo scarsa tonicità dei nostri rispettivi muscoli ma per la disistima che nutrivamo l'un con l'altro. Io lo consideravo un arrogante presuntuoso e lui mi riteneva un incompetente. In realtà non accettava che gli dicessi che i bilanci dell'azienda che dirigeva erano pieni di buchi. Mi umiliò diverse volte davanti ad i miei colleghi ed io rischiai di cadere in depressione.
Il destino volle che avessi ampiamente ragione e che un'inchiesta della Guardia della Finanza lo confermasse. Fu uno scandalo che riempì le pagine della cronache italiana per diversi mesi. Il vanitosone (le perdite accumulate risalivano a lui, in effetti) e l'arrogante furono incriminati e ne uscirono con un patteggiamento. Successivamente sono stati messi ancora a capo d'aziende italiane ed uno, quello con gli addominali d'acciaio, è diventato anche un personaggio pubblico. Chissà se fa ancora le flessioni ai piedi del letto? 
Così va la vita!
- Eccomi sono tutto orecchie. Dimmi. - dice Patrick poggiando il foglio che ha appena finito di leggere sul tavolo.
- Volevo parlarti della nostra situazione in Ucraina. -
Si alza e si siede al tavolo della riunione di fronte a me.
- Dimmi. - mi ripete.
- Ecco tenuto conto della situazione internazionale forse sarebbe meglio che ... ... -
Si mette più comodo ed allunga le gambe poggiando i piedi sulla sedia a fianco a lui. La punta delle suole è di ferro. Mi domando se faccia del tip-tap.
Mentre parlo s'addormenta due volte. Forse è stanchezza, forse è noia ... poco importa a casa mia quelli come lui li chiamano maleducati.
Per non guardarlo, fisso fuori dalla finestra il raggio di sole.
Finisco di dire quello che dovevo riferire.
- Il tuo capo cosa dice? - i suoi occhi restano assonnati.
- Non dice niente ... come al solito. -
Fa un sorrisino ironico, come quello d'un ubriaco.
- Italo, tu sei un uomo intelligente ... sai certamente quello che si deve fare. Coordinati col direttore finanziario locale. -
Ci stringiamo la mano e gli guardo la pancia. Non ha degli addominali d'acciaio, al contrario è un po' rotondetto.
Ma che importa? Anche lui è uno stronzo!
Chiudo la porta dietro di me, domani è sabato.
No, non sono un uomo intelligente.

lunedì 10 marzo 2014

... Japanese food



Guardo dentro la ciotola.
Il torbido brodo nasconde due cubetti bianchi e qualche foglia d'alga.
- Ma questo lo danno agli ammalati gravi negli ospedali! - dico.
- Sei voluto venire in un ristorante giapponese e chiedere un menù a prezzo fisso? Adesso ti becchi la brodaglia. - mi risponde Giovanni.
- Ma io volevo giusto mangiare del Sashimi! -
- Ed allora potevi ordinare solo del Sashimi. -
- Ma se lo avessi fatto non m'avrebbero servito il riso! -
- Ok, allora lascia il brodo e mangia il riso col Sashimi! -
- Non posso. -
- Perché? -
- Perché mio padre mi dava uno scapellotto se lasciavo qualcosa dentro il piatto! -
- Ma tuo padre non è qui! -
- Fa lo stesso! E' come se lo fosse! - insisto.
- Ma mi stai prendendo per scemo? Hai quasi sessant'anni ed ai ancora paura degli scapellotti di tuo padre? -
- Come sono i tuoi spiedini? - cambio discorso.
- Buoni ... è certo che si mangia meglio da Bruno! -
- Dovremo tornarci una sera o l'altra. -
Impugno i miei bastoncini e comincio ad imboccare i pezzetti di pesce crudo. Ricordo ancora la prima volta che mangiai del cibo giapponese: quasi quarant'anni fa mi ci portò mio padre. Il ristorante si trovava a fianco de "La Scala".
- Allora cosa dovevi dirmi di tanto misterioso? - chiedo.
- Sono diventato culo. -
Un pezzetto di tonno continua a sgusciarmi fra i due bastoncini, finalmente riesco a pizzicarlo.
- Scusa, cosa dicevi? -
- Sono diventato culo. -
- Stai scherzando? -
- No. -
Ho messo troppo wasabi nella salsa di soia e non so come spegnere l'incendio che è scoppiato nella mia bocca.
- Mangia del riso. - mi consiglia Giovanni.
Lentamente le fiamme si spengono ma ciò non m'impedisce di lacrimare.
- Mi dicevi ... - ho ripreso il controllo.
- Mi piacciono gli uomini ... ho deciso di diventare omosessuale! - dichiara.
Guardo Giovanni e non riesco a chiudere la bocca malgrado che l'incendio sia stato felicemente spento!
- Un coming out ... tardivo ... eppoi non si decide di diventare omosessuale ... o lo sei o non lo sei! -
- Io l'ho deciso ...dopo che Veronique e Jacqueline ci hanno lasciato per vivere insieme ... ho pensato che anch'io potevo vivere un esperienza sessuale diversa! -
- Mah! ... cos'è una vendetta? -
- Chiamala come vuoi ... ho provato ed alla fine non è così male! Anzi rimpiango di non aver fatto il passo prima! -
Rido.
- Se volevi sorprendermi ci sei riuscito ... tu, un recchione! -
Terminiamo il nostro pranzo e guadagniamo l'uscita.
Sussulto.
- Ma cosa fai? Mi tocchi il culo? -
- Sto scherzando, scemo! -


domenica 9 marzo 2014

La mano d'un bambino






                                            

Una mano, quella d'un bambino, 
Incerta, vuole toccare il mio viso. 
Lieve, si tende mentre m'avvicino.
Afferra il naso, regala un sorriso
Mentre fiero stringe la preda.
Prosegue il gioco puerile
E prima che me n'avveda
Giunge alla bocca virile
Sfiorandola col tocco leggero.
Le dita imprigiono colle labbra
Di nuovo mi sorride sincero.
Un frullo d’uccello che si libbra
Ruba l'attenzione dal sollazzo.
Cerco di nuovo il viso d’infante
Che ormai pare già un ragazzo.
Il suo sguardo smarrito invocante
M'interroga incerto su dove andare
Gl'indico il mare, il cielo ed il campo
Dove le cicale non posson mancare.
Uomo è divenuto, come un lampo
S’è trasformato e le sue guance coperte
Di giovane pelo l’aria gli danno di guerriero
Gli dico, questo è un mondo ancora inerte,
Terra da rendere fertile come il tuo pensiero!
Trasformala e falla più bella di quanto
Nessuno ha avuto il dono d'immaginare!
Colla mano coperta dal ferreo guanto 
Afferra il drappo, s'accinge a camminare
Avanzando con passo privo d'esitazione.
Ricordo quanto piccola fosse quella mano
Mentre il cuore mi palpita per l'emozione
E la vita mi travolge portandomi lontano.


venerdì 7 marzo 2014

Vorrei ...



























- Mai vista tanta neve! - mi ha detto ieri sera Xavier, commentando le ultime settimane d'intemperie della costa est degli Stati Uniti.
- Hai voluto lasciare l'Europa ed adesso ... pedala! Qui a Parigi neanche un fiocco di neve! - risposi.
- Cabron! -
Ridemmo.
Quanto mi piacerebbe andare a vivere negli Stati Uniti!
Vorrei esplorare meglio quel crogiolo dove tante culture si sono fuse e mischiate.
Vorrei viverci solo qualche anno ... una moto e via ... perdermi fra quelle strade ... il mito di Easy Rider? Maybe ...
Vorrei anche andare in Sud America ... vorrei vivere a Buenos Aires ... vorrei imparare a ballare il tango ... quello vero danzato sotto il monumento di Giuseppe Garibaldi nel barrio di Palermo a Buenos Aires.
Vorrei ...
Passeggio lungo i viali deserti di Neuilly ed improvviso una piroetta ... no, non sono viali deserti. Una signora passeggia col proprio cane, un boxer. Da giovane doveva essere una vera bellezza, alta e con i capelli lunghi che le scendono oltre le spalle.
Le sorrido.
- Bonsoir.-
- Bonsoir, monsieur. -
Il cane mi guarda con aria indagatrice.
- Bonsoir chien. -
Ma lui non mi risponde e brontolando s'allontana alla ricerca d'un albero d'innaffiare.
Vorrei ...
Vibra il cellulare.
- Pronto. -
- Pronto, papà ... ho messo i pesci nella vasca della fontana. Dei pesci rossi. -
- Che bello! Che voglia che ho di vedere la tua fontana! -
- Quando vieni in Sicilia? -
- Vorrei ... se potessi, subito ... aspetto la primavera però. Sei la prima persona al mondo che ho conosciuto che ha fatto una fontana ... è bello costruire fontane. -
- Sì è bello ... sono felice. -
- Ed io lo sono per te ... mandami una foto della tua fontana. -
- Certo. Ma tu dove sei? -
- Cammino ... non riesco a tenere le gambe ferme ... -
- Ma è tardi! -
- Non è mai troppo tardi ... -
- Un bacio, papà. -
- Un bacio figlio. -
Vorrei ...
Cammino lungo il viale alberato. La signora col cane ormai è lontana e sono ancora da solo.
Ancora il cellulare ... sento che si muove dentro la mia tasca.
- Pronto. -
- Pronto, cumpare comu si? -
Giovanni.
- Sugnu bonu e tu? -
- Bene, anch'io sto bene. Non t'incrocio più in ufficio. -
- Io lavoro ... Io! Non sono come certi signori di mia conoscenza che passano il tempo nelle riunioni! -
- Ma a te pare che mi piaccia stare in riunione? -
- ... e che ne so? Io ci vado sempre di meno. -
- Vabbè, vabbè ... ma tu sei un intellettuale! ... Cumpà, devo parlarti! -
- Dimmi. -
- No, non adesso ... a pranzo ... ci vediamo a pranzo. -
- Non vorrai ancora parlarmi di Jacqueline e Veronique, spero? -
- No, non vorrei ... molto meglio ... molto meglio, vedrai ... allora ci vediamo a pranzo. -
- Sì, certo. -
- Ciao. -
- Ciao. -
Non si sa quando, ma una cosa è certa, ci vedremo a pranzo.
Vorrei ...

P.S.: Per chi ha avuto la pazienza d'arrivare fino in fondo a questo "pezzo" ... offro un po' di musica ... un tango ..


mercoledì 5 marzo 2014

Nella metropolitana di Parigi


Quando salgo sulla metropolitana di Parigi non posso non pensare a quella di Milano.
Certo le riflessioni non nascono dalla diversa estensione, su cui non è possibile neanche fare il confronto, ma dalle faune che le frequentano.
Se non ci fossero i turisti che rendono vivace la moltitudine di passeggeri parigini si avrebbe l'idea che tutti facciano parte d'un gran funerale. Tante facce serie e tanti sforzi per non guardare sul volto chi sta attorno!
Anche a Milano ci sono i musoni ma c'è tanta gente che parla e soprattutto si guarda e non s'impegna ad ignorare il proprio vicino.
Ogni tanto, qui a Parigi, incontro gente che mi dice che non ama la metropolitana e che preferisce prendere il taxi. Parlo naturalmente di chi se lo può permettere, quelli che vengono chiamati Bobo.
Poveretti, penso io.
Se sapessero, quanto è bello mischiarsi con gli altri! Quanto sia stimolante "sentire" chi ti sta accanto!
Sono sulla linea uno e devo scendere a Les Sablons
Mi chiedo se i parigini indovinano che sono uno straniero, un italiano.
Il mio cellulare vibra contro il petto. Infilo gli auricolari.
- Pronto. - adesso l'hanno di sicuro indovinato.
- Pronto, papà, come stai? - è la mia terzogenita.
- Bene, figlia. Sono sulla metropolitana. La voce può andare via e venire. -
- Io ti sento bene. Papà, volevo farti una domanda. -
Una signora mingherlina con un soprabito chiaro m'osserva. Deve avere una settantina d'anni. E' seduta di fronte a me.
- Dimmi, tesoro. -
- Cosa ne pensi del matrimonio? -
Lo sguardo della donna di fronte mi perfora la testa. Anch'io la guardo e lei abbassa gli occhi.
- Perché me lo chiedi? Ti sposi con Tiamotiamo! -
- Papà smettila di chiamarlo così! No, non mi sposo ... ero curiosa!-
- Strana domanda fatta a qualcuno che s'è separato e non s'è più unito con nessuna! -
La signora di fronte riprende ad osservarmi. Ma capisce l'italiano?
- Non ne abbiamo mai parlato. - insiste lei.
- Così, su due piedi ... dentro la metropolitana! -
- Dai, papà! -
- ... ma che vuoi che ti dica? Tanta gente si sposa e vive insieme per tutta la vita ... per me è difficile, non ce la faccio. Forse è geneticamente impossibile ... non so perché. -
- Ma se io dovessi sposarmi, tu verresti al mio matrimonio? -
Che le dico? Mi mette talmente in imbarazzo questa domanda.
Guardo la signora difronte a me come se cercassi un aiuto, ma lei guarda scorrere le neri pareti del tunnel oltre il finestrino.
- Certo che verrei ma ... -
- Ma cosa, papà? -
- Avrei tanto paura per te, figlia mia. -
... ... ...
Cerco di spiegarmi meglio.
- Avrei paura che anche tu, come tua madre e me, debba soffrire per la separazione. Gli amori finiscono, è provato. Tu non lo sai, perché eri piccola, ma io ho ancora di fronte agli occhi i tuoi fratelli quando, mettendoli a sedere sopra il divano, dissi: A partire da stasera papà non dorme più a casa! ... fu terribile! Il peggiore dei miei ricordi! -
- Non ti preoccupare, io non soffrirò ... vedrai. -
- Lo spero ... sì, però fammi tanti nipoti, va bene? -
Sento che sorride.
- Devo scendere. La prossima è la mia fermata.-
- Ciao papà! -
- Ciao figlia! -
Mi alzo.
L'anziana signora mi prende la mano e mi guarda. Ha occhi chiari, limpidi, buoni.
- Non si crucci ... è la vita ... mi scusi ma non ho potuto fare a meno d'ascoltare la sua conversazione, sono in Francia da quarant'anni ... vous êtes un homme bien. -
- Non lo so se sono un brav'uomo, ma faccio il mio possibile per esserlo ... non è facile. -
Le lascio la mano e le sorrido.
Lei mi fa un cenno di saluto.
Esco dalla carrozza e guadagno l'uscita della metropolitana senza voltarmi.

martedì 4 marzo 2014

Anatre e civette






Lo confesso, la lettura de Il giorno della civetta di Sciascia mi lasciò qualcosa dentro.
Lessi quelle pagine in un periodo particolare della vita, quello dell'adolescenza. Volevo crescere rapidamente ed ero avido di sensazioni e di conoscenza. Da non molto avevo lasciato Salgari, Verne, Stevenson, Melville e, quasi per caso, aprii la libreria di mio padre e scoprii un tesoro. Cominciai a saccheggiarlo. Leggevo sempre, anzi divoravo le pagine della nostra letteratura scritta fra il primo dopoguerra e gli anni sessanta. Fu in quel periodo che conobbi Sciascia, Moravia, Levi, Calvino, Vittorini, Brancati, Pratolini, Pavese, Chiara. Tentai di leggere Pasolini, Gadda  e Svevo ma il loro italiano era troppo elaborato e difficile. Ritornai su di loro quando il mio apparato digestivo si rinforzò. 
Piuttosto che uscire con i miei amici preferivo leggere. Mi ricordo che mi sdraiavo per terra a pancia in giù.
A scuola ero un disastro e molti professori mi consideravano poco più che un demente. Mia madre quando si recava a parlare con loro provava a fornire la prova contraria: ma a casa trascorre tutto il tempo sui libri! Diceva.
In effetti tutto quel leggere non mi portò alcuno beneficio nella scrittura perché i miei temi erano ... di qualità scadente.
Adesso so che ero dislessico e probabilmente disortografico (vi lascio l'onere d'andare a cercare il significato! Sì, una piccola vendetta! E allora?) ma all'epoca tali disturbi non erano conosciuti ed accettati e quindi le sentenze su coloro che ne erano affetti erano categoriche e senza appello. D'altronde non si era molto lontani dagli anni in cui si legavano le mani sinistre dei mancini affinché s'abituassero a scrivere con la destra!
Ok, torno su Il giorno della civetta.
Il cattivone del romanzo, don Mariano un mafioso cinico e senza scrupoli, da al capitano dei carabinieri Bellodi  una definizione dell'umanità (in realtà degli uomini, ma io la riprendo e la estendo ai due sessi!).
Riporto la descrizione attingendo direttamente dal romanzo:
«Io» proseguì don Mariano «ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l'umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz'uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà... Pochissimi gli uomini; i mezz'uomini pochi, ché mi contenterei l'umanità si fermasse ai mezz'uomini... E invece no, scende ancora più in giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi... E ancora di più: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito... E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre...
Ecco, io leggo ancora volentieri questo pezzo e mi fa sorridere perché contiene una visione certamente ingenua dell'umanità ... forse, ma efficace.
Tale lettura marcò il mio immaginario e d'allora, al di là della definizione di "uomo", che può essere benissimo sostituita con "donna", io ho sempre pensato che ci si debba posizionare sulla soglia più alta di questa classifica. 
Rispetto al personaggio di Sciascia elimino la categoria dei "pigliainculo" e mi limito quindi a considerare le rimanenti quattro. 
Essere Uomo o Donna per me significa possedere quelle virtù, forse romantiche, che fanno di una persona un essere coraggioso, generoso e leale nei confronti degli altri e delle proprie idee.
Non basta volerlo ci si deve battere per riuscirci perché la propensione al quaquaraquacchismo è sempre forte e presente dentro di noi. Qualcosa molto simile alla lotta del bene contro il male.
Il concetto uomo-anatra appare teorico quando si scopre che gli esseri, che sono nell'ultimo gradino della classifica di don Mariano, spesso e volentieri sono premiati dalla società, proprio per le loro caratteristiche peggiori.
Insomma molte volte si trovano tanti Uomini/Donne ai livelli inferiori mentre i quaquaraquà sono ai livelli più alti. Spesso accade che la società non premia chi ha valori morali.
E come glielo spiego questo ai miei figli?
Semplice, non glielo spiego ... devono capirlo da soli. Fa parte della vita ... di quaquaraquà ne incontreranno tanti e tante volte saranno tentati d'entrare con loro nelle pozzanghere poiché sono come il diavolo tentatore. 
I miei figli devono essere liberi di fare i loro errori che li aiuteranno a comprendere da che parte stare.
Io mi limito a parlargli di Uomini e di Donne.
Perché alla fine, il quesito vero è uno solo: siamo Uomini (Donne) o caporali?

lunedì 3 marzo 2014

Noi e egli uccelli


Camminavamo lungo Corso di Porta Romana.
La primavera era imminente ed io l’attendevo con trepidazione.
La giornata poteva definirsi quasi tiepida.
Ero contento e la testa era sgombra di pensieri. Pregustavo i giorni a venire e mi dicevo che non ero fatto per vivere in paesi dal lungo inverno.
- Un giorno tornerò al sud, come gli uccelli migratori.- dissi a mio figlio.
All'epoca lui aveva dieci anni ed io quasi quarantatré.
Gli prendevo la mano solo quando attraversavamo la strada. Forse era già grande per quel gesto ma a me piaceva tenergliela. Malgrado l’età la sentivo forte.
- Non è bello essere come gli uccelli, papà! –
- Perché? –
- Perché vedi tutto dall'alto e gli uomini devono sembrare piccoli. Quando scendi giù, t’accorgi che non è così! –
Aspettammo che il semaforo diventasse verde per i pedoni.
- Ed allora? –
- Allora non è bello credere una cosa che poi non è vera! –
Il semaforo ci diede via libera e lui cercò la mia mano. Gliela presi ed attraversammo.
Ma da dove gli vengono queste riflessioni? A dieci anni! Pensai.
- Quello che dici non è del tutto esatto perché gli uccelli possono farsi un’idea sbagliata delle cose osservandole dall'alto la prima volta poi col tempo sono in grado di capire che ciò che vedono piccolo non è così nella realtà. Questa si chiama esperienza. –
Non mi disse altro e per qualche minuto la nostra passeggiata continuò in silenzio.
- Papà? –
- Sì, tesoro. –
- Ma avere esperienza vuol dire non credere più a niente? –
- No, vuol dire credere in quello che tu hai imparato proprio accumulando più esperienze. Bisogna fare come gli uccelli volare in alto e poi scendere in basso. C’è gente che non vola e resta sempre sulla terraferma e crede in cose che sono molto vicine senza rendersi conto che vi possono essere delle alternative, altri credono nelle cose guardandole dall'alto senza rendersi conto che possono essere distorte dalla distanza. Ecco nella vita la vera esperienza te la fai così: un po’ volando ed un po’ planando sulla terra. Hai capito? –
Mi fece cenno di sì guardando sempre davanti a sé. Io ebbi l’impressione d’avergli detto qualcosa troppo difficile per la sua età.
… … …
Adesso lui ha quasi venticinque anni ed io quasi cinquantotto.
Siamo ancora in Corso di Porta Romana.
Cerco di tenere il suo passo.
- Papà, vorrei lavorare per una ONG (Organizzazione Non Governativa; nota dell’autore) che s’interessa dello sviluppo dell’agricoltura nei paesi poveri. –
- Ma è pericoloso? Dove vuoi andare? –
- Non lo so. Mi piacerebbe capire di più questo mondo e conoscerlo di più per farmi delle mie idee. Devo accumulare più esperienze. Voglio fare come gli uccelli che volano alto e poi scendono sulla terraferma. –
Aveva capito.
- Vengo con te.- vorrei dirgli, ma taccio. Anch'io alla sua età avevo lo stesso senso dell'avventura.
Ma perché crescono? Mi chiedo.
Sento un’irrefrenabile voglia di prendergli la mano e tenergliela per sempre perché non vada da nessuna parte.

domenica 2 marzo 2014

La "garota de Ipanema" ed Ava Gardner




Un anno fa, in questo stesso periodo, ero in Sud America.
Una volta viaggiavo molto di più. Ero spesso sugli aerei e facevo la spola con i diversi continenti.
Ora m'avventuro solo se è necessario. In generale faccio viaggiare di più i miei collaborati. Sono giovani e giocare a fare i manager internazionali a loro piace molto. D'altronde hanno studiato per questo.
Mi ricordo che ero a Rio de Janeiro, faceva il caldo umidiccio dei luoghi di mare durante l'estate.
Avevo l'albergo di fronte la spiaggia d'Ipanema.
Non era la prima volta e m'emozionava d'essere non lontano dal luogo dove è stata scritta una delle canzoni più belle del mondo. Era un sabato sera e l'indomani mattina sarei dovuto partire per Bogotà.
Il giovane collega francese e capo della società che ero andato a visitare mi aveva offerto di trascorrere la serata con lui e la moglie in un buon ristorante. Ma io preferii restare da solo, dovevo proseguire nella lettura d'un libro che m'ero ripromesso di terminare durante quel viaggio.
Prima di rintanarmi nella mia stanza mi recai nel belvedere dell'albergo da dove si dominava una buona parte della spiaggia e si aveva l'impressione che si fosse al di sopra della vita. Come gli dei dell'Olimpo.
Bevvi almeno tre Caipirinha.
Mi sentii schifosamente privilegiato.
Quando tornai nella mia stanza aprii le vetrate del balcone e lasciai che il caldo umido entrasse nella camera. Lo stesso delle favelas ... basta con l'aria condizionata dei merdosi turisti!
Mi stesi sul letto e cercai di concentrarmi nella lettura che m'ero portato appresso.
- Cosa leggi, Italo. - la voce di mia madre.
- Un libro di storia, mamma ... uno storico inglese. -
Era seduta sulla poltrona accanto alla porta del balcone. Aveva l'aspetto di quando trentacinquenne era nel pieno del suo splendore. Indossava un abito verde, di seta. Lo stesso di quando mia sorella aveva fatto la prima comunione. Quando usciva per strada la scambiavano per Ava Gardner.
- La storia ... la storia ... quante volte t'ho dovuto raccontare la spedizione dei Mille di Garibaldi? -
- Tante volte ... cosa guardi, mamma? -
- Hai i piedi sul letto e non ti sei tolto le scarpe. -
- Scusa, mamma ... ma ho bevuto un po'. -
- Alla tua età, ancora a farti dire certe cose! -
La guardai e sorrisi. Anche lei lo fece.
- Sei bella, mamma. -
- Ero bella, poi sono diventata vecchia come tutti ... come tutte. Ti ricordi quando avevi tre anni e dal cortile mi chiamavi alla finestra per cantarmi Ciao, ciao bambina ... la canzone di Modugno? -
- No, mamma non me lo ricordo ma tu me ne parlavi sempre. -
- Certo, adesso sei cresciuto ... ti ricordi quando ti spedii per il tuo compleanno la camicia rossa come quella dei garibaldini ... per tanti anni, quando eri bambino, ti ho lasciato da tua nonna. Mi dispiace ... -
Trattenni a stento un singhiozzo.
- Non ti preoccupare, mamma ... è una storia vecchia ... mi chiedesti di perdonarti qualche settimana prima di morire. Tutto va bene adesso. -
- Sì , tutto va bene. - e passa la mano sulle gambe come se volesse stirare la gonna.
- Lo sai, mamma. Io son stato molto fiero di te. Ti ho visto andare incontro alla morte con tanto coraggio. Mi hai impressionato, come un'eroina hai affrontato la prova più importante  ... tu che mi avevi insegnato ad avere paura ... paura di mio padre, dei miei capi, delle convenzioni ... ti sei riscattata come un personaggio di Conrad ... ricordo le tue ultime parole prima che tu entrassi in coma. Che bello, siete tutti qua! ... dicesti. -
- Tutto va bene, adesso. -
 Trattenne il pianto e per non far scendere le lacrime alzò la testa fissando un punto del soffitto in alto.
- Sono stanco, mamma ... anch'io devo chiederti scusa.-
- Taci. Tutto va bene, adesso. -
Non riuscii più a trattenerli questa volta i singhiozzi.
- Mentre ero al tuo capezzale durante tutta la notte, ti ho vegliato ed ho ascoltando il tuo rantolo che diveniva sempre più profondo ... pregai che tu morissi ... -
- Taci. Tutto va bene, adesso. Dormi. -

sabato 1 marzo 2014

Uomini coraggiosi

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Ho da poco letto un aforisma, uno come i tanti che affollano i social network dove gli inscritti chiedono un'approvazione su qualcosa che, in genere, appartiene ad altri.
Un modo di comunicare semplice che aiuta a far circolare le idee  e a rendere noti personaggi che altrimenti sarebbero sconosciuti.
L'aforisma che ha scatenato le mie riflessioni è di Arthur Schopenhauer che di sentenze era un prolifico produttore: la verità passa attraverso tre stadi. Prima viene derisa e ridicolizzata, poi viene ferocemente contrastata, infine viene accettata come palese ovvietà.
Sono abbastanza d'accordo col filosofo. 
Chi ha pubblicato l'aforisma si chiede in quale stadio lui e la sua verità si trovino. Penso che sia un aderente al Movimento 5 Stelle. Quindi presuppone che lui ed il suo partito siano portatori di verità.
Ma il problema per me è un altro: dov'è la verità?
Ognuno di noi pensa d'esserne latore ma siamo disposti a batterci per essa?
Non sempre. 
Il più delle volte lasciamo che siano gli altri, coloro che sono più coraggiosi, che lo facciano per noi. 
Se condividiamo li seguiamo, sennò prendiamo un'altra strada oppure, come fece Schopenhauer, ce ne freghiamo.
Cosa posso dire di Beppe Grillo?
E' certamente un uomo che possiede un certo coraggio ed al contempo si sente portatore d'una verità che raccoglie diversi milioni di simpatizzanti in Italia.
Ma possiamo dire che sia veramente coraggioso?
E' talmente convinto che ciò che dice sia giusto che non accetta nessuna critica. Se qualcuno nel suo partito prova a contestarlo lui semplicemente l'espelle come se si trattasse d'un corpo estraneo. Come se dovesse spurgare un ascesso.
Senza voler scomodare il movimento fascista, questo modello d'assoluta compattezza ideologica era l'aspirazione ultima di movimenti come la Rivoluzione Culturale cinese. La storia ci dice che fecero delle mostruosità e che alla fine fallirono.
E' un peccato che un movimento condotto da un uomo che si presume coraggioso come Grillo sia destinato al fallimento. 
Tutta questa energia sprecata! 
Io sono convinto che l'esperienza del Fronte dell'Uomo Qualunque sia il riferimento che Grillo e Casaleggio (avete notato che simpatica rassomiglianza con John Lennon!) più temono. Ricordo per chi è meno ferrato nella storia dell'Italia: il movimento di protesta capeggiato da Guglielmo Giannini nel primo dopoguerra fallì miseramente quando il suo capo cercò alleanze con partiti politici "tradizionali".
Certo, non è un'esperienza da seguire e capisco le vostre reazioni (chiedo venia se m'indirizzo direttamente a voi, leader del movimento!) quasi paranoiche quando qualcuno dei vostri eletti cerca il dialogo.
Ma non potete andare avanti così!
Avete presente una vecchia stampa che mostra Robespierre che taglia la testa al suo boia perché oramai aveva ghigliottinato tutti i francesi? Certo, esagero usando una caricatura! Sto estremizzando.
Forse bisogna seguirne un altro percorso, alternativo e più coesivo del "seguitemi senza discutere o vi ghigliottino".
Chiedo venia (di nuovo) per il parallelismo col partito fascista (che volevo evitare!), ma ricordate il grido che ha riecheggiato in Italia per circa vent'anni? Credere, obbedire e combattere! Per carità, il nostro paese hanno già dato ...!
Non basta unire gl'italiani nella protesta gridando: buttateli tutti a mare questi politici mangiamangia!
E' necessario che la gente si unisca attorno ad un'idea ... un ideale. 
Ecco, manca questo.
Forse voi ce l'avete, ma in mezzo a tutte queste grida io non l'ho sentito.
Bisogna evitare che le nuove generazioni considerino come verità il concetto racchiuso nel termine "vaffanculo" ma che le si aiutino a trovare un ideale su cui sperare ... meglio se nobile e non sboccato.
Molti italiani posseggono qualcosa dentro di loro su cui credere e su cui anche confrontarsi e discutere serenamente. 
Forse vorrebbero anche essere condotti da uomini come voi se foste capaci di mostrare il vero coraggio avendo meno timore del dissenso. Infatti l'uso smodato della pratica del ripudio denota paura e non coraggio. 
Sì, mi rendo conto, è difficile esseri dei veri leader!