- Ma che
cosa conosco io di questo mondo ? –
Ogni tanto
capita che mi dica qualche frase da solo.
Anche questa
volta nessuno mi risponde.
Sono in
macchina. Avanzo lentamente incastrato fra due tir.
Sopra, il
cielo è colorato d’un pallido celeste. Dei raggi di sole, riflessi dai vetri d’una
camionetta, m’accecano. Lascio che lo facciano, non mi proteggo e stringo solo
le palpebre.
Con Veronique
è finita. Non è colpa sua ma mia, lo so.
L’ho
esasperata col mio comportamento scostante. Forse volevo che mi lasciasse solo.
Di nuovo ... ciò che volevo, in realtà!
- Ma il
mondo, io lo conosco? – domando, again.
Mi risponde
il vivavoce. Squilla solo una volta. Guardo il visore. Il mio primogenito. Lo
richiamo.
- Ciao pa’.-
- Ciao
figlio. Come stai? Come va la campagna? –
- Va bene,
stiamo munnanno (da munnare, verbo che può avere svariati
significati a secondo del contesto, in questo caso vuol dire sfrondare, potare;
nota del traduttore) gli ulivi. –
- Vedo che piano
piano perdi il milanese e ti stai avvicinando alla lingua dei tuoi avi. –
- A furia di
frequentare Pippo! ... so che lo chiami di tanto in tanto. –
- Sì, è una
vecchia abitudine. Prima che tu decidessi di trasferirti in Sicilia ci
sentivamo di frequente. –
-Papà! –
- Dimmi
figlio. –
- Ma tu,
cosa vuoi fare? –
- Non
capisco. – veramente non comprendo quella domanda.
- Ti vuoi
stabilire in Francia per sempre? –
- No, non
penso … -
- Non ti preoccupare
una stanza per te qui ci sarà sempre! –
Sorrido,
poiché sta parlando di quella che è in verità casa mia.
- Grazie per
il pensiero, tesoro. Ne terrò conto. Mi riscalda il cuore sapere che posso
contare su di voi. Mi motiva. –
Sono
contento davvero … contento d’essere
quasi sfrattato! Una camera i miei figli me la lasciano … ma che me frega! ... ho voglia di fare lo zingaro ancora ... forse un giorno, sacco in spalla e via! ... certo, conoscere il mondo, quello vero.
- La camera
me la scelgo io, però! – aggiungo.
- Certo,
senza alcun dubbio! –
- Tu la sai
una cosa? –
- No, dimmi
papà. –
- Non ho
voglia di ridurmi come vostro nonno. –
- Cosa vuoi
dire? –
- Non ho
voglia di diventare un vecchietto, curvo sotto gli anni e cinico fino all'inverosimile.
Non ho voglia d’essere patetico. Non lo
dico nel senso cattivo … -
- In ogni
caso tu ti tieni più in forma del nonno. Ho visto delle sue fotografie di
quando aveva la tua età. Tu fai ancora ginnastica ogni mattina? –
Riesco ad
avanzare con la macchina per qualche decina di metri e sguscio fuori dallo
stretto corridoio in cui mi avevano messo i due tir. Adesso i raggi del sole
invernale arrivano direttamente sul mio parabrezza. Sento il loro tepore.
- Sì… per me
è come lavarmi i denti. Hai letto “L’uomo senza qualità” di Musil ? –
- No, papà
chi è? –
- Un autore
del primo novecento, austriaco … il libro è un po’ palloso, ci ho messo molto
tempo e molta volontà per terminarlo. Bene, il suo protagonista fa ginnastica e
s’allena a far della box ogni mattina. Ad un certo punto si domanda la ragione di
tutta quella fatica poiché nessuno gli chiede d’usare il suo corpo per imprese
fisicamente impegnative e sportive. Bene, me lo sono chiesto anch'io. –
- Ma che c’entra!
Tu lo fai perché fa bene alla salute! –
- No, non solamente.
Ti confesso che intimamente sono convinto che un giorno devo usare il mio corpo
non solo per portare la testa in ufficio quotidianamente, ma per compiere
qualcosa dove la resistenza fisica sia necessaria. –
- Insomma …
tu pensi che un giorno tu possa diventare Indiana Jones! –
- Beh, sì! –
lo giuro, mi sento ridicolo.
- Mio papà
come Indiana Jones … che figata! –
Sorrido.
Ai tempi di Musil non esisteva ancora Indiana
Jones … e se ci fosse stato?
Forse non
avrebbe scritto “L’uomo senza qualità”!