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lunedì 3 marzo 2014

Noi e egli uccelli


Camminavamo lungo Corso di Porta Romana.
La primavera era imminente ed io l’attendevo con trepidazione.
La giornata poteva definirsi quasi tiepida.
Ero contento e la testa era sgombra di pensieri. Pregustavo i giorni a venire e mi dicevo che non ero fatto per vivere in paesi dal lungo inverno.
- Un giorno tornerò al sud, come gli uccelli migratori.- dissi a mio figlio.
All'epoca lui aveva dieci anni ed io quasi quarantatré.
Gli prendevo la mano solo quando attraversavamo la strada. Forse era già grande per quel gesto ma a me piaceva tenergliela. Malgrado l’età la sentivo forte.
- Non è bello essere come gli uccelli, papà! –
- Perché? –
- Perché vedi tutto dall'alto e gli uomini devono sembrare piccoli. Quando scendi giù, t’accorgi che non è così! –
Aspettammo che il semaforo diventasse verde per i pedoni.
- Ed allora? –
- Allora non è bello credere una cosa che poi non è vera! –
Il semaforo ci diede via libera e lui cercò la mia mano. Gliela presi ed attraversammo.
Ma da dove gli vengono queste riflessioni? A dieci anni! Pensai.
- Quello che dici non è del tutto esatto perché gli uccelli possono farsi un’idea sbagliata delle cose osservandole dall'alto la prima volta poi col tempo sono in grado di capire che ciò che vedono piccolo non è così nella realtà. Questa si chiama esperienza. –
Non mi disse altro e per qualche minuto la nostra passeggiata continuò in silenzio.
- Papà? –
- Sì, tesoro. –
- Ma avere esperienza vuol dire non credere più a niente? –
- No, vuol dire credere in quello che tu hai imparato proprio accumulando più esperienze. Bisogna fare come gli uccelli volare in alto e poi scendere in basso. C’è gente che non vola e resta sempre sulla terraferma e crede in cose che sono molto vicine senza rendersi conto che vi possono essere delle alternative, altri credono nelle cose guardandole dall'alto senza rendersi conto che possono essere distorte dalla distanza. Ecco nella vita la vera esperienza te la fai così: un po’ volando ed un po’ planando sulla terra. Hai capito? –
Mi fece cenno di sì guardando sempre davanti a sé. Io ebbi l’impressione d’avergli detto qualcosa troppo difficile per la sua età.
… … …
Adesso lui ha quasi venticinque anni ed io quasi cinquantotto.
Siamo ancora in Corso di Porta Romana.
Cerco di tenere il suo passo.
- Papà, vorrei lavorare per una ONG (Organizzazione Non Governativa; nota dell’autore) che s’interessa dello sviluppo dell’agricoltura nei paesi poveri. –
- Ma è pericoloso? Dove vuoi andare? –
- Non lo so. Mi piacerebbe capire di più questo mondo e conoscerlo di più per farmi delle mie idee. Devo accumulare più esperienze. Voglio fare come gli uccelli che volano alto e poi scendono sulla terraferma. –
Aveva capito.
- Vengo con te.- vorrei dirgli, ma taccio. Anch'io alla sua età avevo lo stesso senso dell'avventura.
Ma perché crescono? Mi chiedo.
Sento un’irrefrenabile voglia di prendergli la mano e tenergliela per sempre perché non vada da nessuna parte.