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martedì 4 marzo 2014

Anatre e civette






Lo confesso, la lettura de Il giorno della civetta di Sciascia mi lasciò qualcosa dentro.
Lessi quelle pagine in un periodo particolare della vita, quello dell'adolescenza. Volevo crescere rapidamente ed ero avido di sensazioni e di conoscenza. Da non molto avevo lasciato Salgari, Verne, Stevenson, Melville e, quasi per caso, aprii la libreria di mio padre e scoprii un tesoro. Cominciai a saccheggiarlo. Leggevo sempre, anzi divoravo le pagine della nostra letteratura scritta fra il primo dopoguerra e gli anni sessanta. Fu in quel periodo che conobbi Sciascia, Moravia, Levi, Calvino, Vittorini, Brancati, Pratolini, Pavese, Chiara. Tentai di leggere Pasolini, Gadda  e Svevo ma il loro italiano era troppo elaborato e difficile. Ritornai su di loro quando il mio apparato digestivo si rinforzò. 
Piuttosto che uscire con i miei amici preferivo leggere. Mi ricordo che mi sdraiavo per terra a pancia in giù.
A scuola ero un disastro e molti professori mi consideravano poco più che un demente. Mia madre quando si recava a parlare con loro provava a fornire la prova contraria: ma a casa trascorre tutto il tempo sui libri! Diceva.
In effetti tutto quel leggere non mi portò alcuno beneficio nella scrittura perché i miei temi erano ... di qualità scadente.
Adesso so che ero dislessico e probabilmente disortografico (vi lascio l'onere d'andare a cercare il significato! Sì, una piccola vendetta! E allora?) ma all'epoca tali disturbi non erano conosciuti ed accettati e quindi le sentenze su coloro che ne erano affetti erano categoriche e senza appello. D'altronde non si era molto lontani dagli anni in cui si legavano le mani sinistre dei mancini affinché s'abituassero a scrivere con la destra!
Ok, torno su Il giorno della civetta.
Il cattivone del romanzo, don Mariano un mafioso cinico e senza scrupoli, da al capitano dei carabinieri Bellodi  una definizione dell'umanità (in realtà degli uomini, ma io la riprendo e la estendo ai due sessi!).
Riporto la descrizione attingendo direttamente dal romanzo:
«Io» proseguì don Mariano «ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l'umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz'uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà... Pochissimi gli uomini; i mezz'uomini pochi, ché mi contenterei l'umanità si fermasse ai mezz'uomini... E invece no, scende ancora più in giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi... E ancora di più: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito... E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre...
Ecco, io leggo ancora volentieri questo pezzo e mi fa sorridere perché contiene una visione certamente ingenua dell'umanità ... forse, ma efficace.
Tale lettura marcò il mio immaginario e d'allora, al di là della definizione di "uomo", che può essere benissimo sostituita con "donna", io ho sempre pensato che ci si debba posizionare sulla soglia più alta di questa classifica. 
Rispetto al personaggio di Sciascia elimino la categoria dei "pigliainculo" e mi limito quindi a considerare le rimanenti quattro. 
Essere Uomo o Donna per me significa possedere quelle virtù, forse romantiche, che fanno di una persona un essere coraggioso, generoso e leale nei confronti degli altri e delle proprie idee.
Non basta volerlo ci si deve battere per riuscirci perché la propensione al quaquaraquacchismo è sempre forte e presente dentro di noi. Qualcosa molto simile alla lotta del bene contro il male.
Il concetto uomo-anatra appare teorico quando si scopre che gli esseri, che sono nell'ultimo gradino della classifica di don Mariano, spesso e volentieri sono premiati dalla società, proprio per le loro caratteristiche peggiori.
Insomma molte volte si trovano tanti Uomini/Donne ai livelli inferiori mentre i quaquaraquà sono ai livelli più alti. Spesso accade che la società non premia chi ha valori morali.
E come glielo spiego questo ai miei figli?
Semplice, non glielo spiego ... devono capirlo da soli. Fa parte della vita ... di quaquaraquà ne incontreranno tanti e tante volte saranno tentati d'entrare con loro nelle pozzanghere poiché sono come il diavolo tentatore. 
I miei figli devono essere liberi di fare i loro errori che li aiuteranno a comprendere da che parte stare.
Io mi limito a parlargli di Uomini e di Donne.
Perché alla fine, il quesito vero è uno solo: siamo Uomini (Donne) o caporali?