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mercoledì 12 marzo 2014

I politici e l'etica della fila


Qualche giorno fa leggevo un'interessante recensione sul libro d'una giornalista italiana che vive a Londra da tre anni e che ha avuto l'idea di confrontare gli usi ed i costumi dei due paesi.
L'Italia ne esce malconcia, siamo perdenti soprattutto a causa dei nostri politici strenuamente abbarbicati sulle loro poltrone. Lo sarebbero un po' meno se, quando sono messi sotto accusa per fatti gravi, presentassero le dimissioni.
L'attaccamento ossessivo della cadrega, se non fosse deleterio per il paese, risulta anche un po' comico, soprattutto quando i nostri politici si difendono asserendo che sono vittime d'ingiustizie e di persecuzioni. Come se fossimo al tempo dell'Inquisizione.
Una valutazione economica, che non è stata eseguita e che meriterebbe d'esserlo, riguarda il costo sopportato dal popolo italiano per questa classe politica inefficiente. Non sto parlando degli oneri legati alle diarie, rimborsi spesa, stipendi e vitalizzi (esercizi contabili già fatti!) ma del costo che la società deve sostenere per riuscire finalmente a scollare dalle loro sedie i politici che non applicano su se stessi il sano principio delle dimissioni.
Pensate agli stipendi di tutti i magistrati, poliziotti, organi dell'apparato pubblico che devono lavorare per montare dei dossier che rendano scollabili personaggi che non meritano la fiducia dell'elettore? Ma questi sono ancora costi facilmente misurabili!
Provate ad aggiungere al conto anche quelli legati all'attenzione che l'opinione pubblica da a queste vicende e quanta energia viene distolta nella ricerca della soluzione di problemi sostanziali. L'esempio davanti agli occhi di tutti è la vicenda Berlusconi: quanto tempo s'è perso per cercare di montare dei processi contro di lui piuttosto d'attaccarlo sulla pochezza dei suoi programmi politici? Qual'è stato il mancato ritorno economico per l'Italia causato dalla profusione dei mezzi spesi per ascoltare le signorinelle dalle esigue virtù ed i loro magnaccia? Non sarebbe stato meglio piuttosto concentrarsi su problemi più seri come la lotta alla criminalità organizzata o all'evasione fiscale?
Ecco io provo a pensarci e giungo alla conclusione che l'importo debba essere considerevole.
Non dico che Berlusconi e quelli come lui non debbano essere perseguiti se violano la legge ma che sarebbe stato meglio se l'etica imperante del paese li avesse obbligati a dimettersi piuttosto che perdere del tempo nel convincerli a farlo.
La responsabilità è anche di noi elettori italiani infatti se avessimo assunto un atteggiamento più anglosassone non li avremmo votati!
Quindi la filosofia immorale dei politici (e dei loro elettori) è un grosso costo per la società, se poi a ciò ci aggiungiamo l'incompetenza che li accompagna il conto diventa ancora più sostanzioso.
In questi giorni è in corso la kermesse che porterà (si spera!) alla riduzione dei parlamentari, risultato notevole se lo dovessero veramente decidere! 
Ma tale cambiamento si dovrebbe accompagnare anche all'instaurarsi d'una nuova "etica", perché il mio timore è (e si tratterebbe di beffa) che quelli che rimangono saranno proprio coloro che sono i più incollati alla cadrega! Insomma la speranza è che si possa averne un giorno dei pochi ma buoni perché altrimenti dei pochi ma cattivi non sarebbero un vero e sostanziale guadagno per il paese.
Forse sono troppo negativo.
Ritorno adesso alla giornalista che ha messo a confronto gl'inglesi e gl'italiani.
Secondo la recensione che promuove il libro, la conclusione finale è che alla base della filosofia immorale degli italiani ci sia la cattiva abitudine di non voler fare le code.
Mi permetto di dissentire poiché quello della coda d'attesa è un falso problema.
Ne discutevo qualche anno fa con un mio collega catalano (guai a chiamarlo spagnolo!).
Qui in Francia, fra stranieri ci si abbandona a qualche critica nei confronti del paese che ci ospita e ricordo che scherzavamo sulle code che i francesi formano quando devono andare a comprare il pane. Difficilmente una fila indiana di questo tipo si può vedere in Italia o nella penisola iberica. 
Il mio amico catalano mi faceva notare che la coda dal panettiere è inutile. 
In effetti è sufficiente guardare e memorizzare le persone che arrivano dopo di noi per sapere che il nostro turno viene prima del loro. Inoltre questo metodo stimola la socializzazione perché la gente si guarda e si parla (chi è il prossimo?  Io! ... oppure ... la signora col cappotto rosso che era qui prima di me! ... ). 
Bisogna che i francesi l'ammettano: fare la coda fuori dalla boulangerie è piuttosto triste, soprattutto quando fa freddo o piove!
Quindi il metodo mediterraneo non è male, anzi è socialmente auspicabile perché favorisce la comunicazione ... ma ... ma quello che lo rende detestabile è il malcostume degli italiani (non mi cimento in analisi sugli iberici poiché comunque sono più disciplinati di noi italici!).
Quando si entra dal panettiere l'occhio dell'italiano medio si dilata ed i battiti cardiaci s'accelerano perché l'attenzione si focalizza non sulla scelta del pane ma soprattutto sugli altri clienti. Temiamo, infatti, che ci possa essere qualcuno che ci freghi e si faccia servire senza rispettare l'ordine d'arrivo!
In Italia siamo condizionati dal concetto della fregatura poiché siamo indulgenti con noi stessi quando la diamo ma perdiamo ogni controllo quando la riceviamo (a me nessuno mi fa fesso!)! Chi nella sua vita non ha resistito almeno una volta di passare davanti alla vecchietta di turno?
La tecnica è rodata: s'assume l'aria un po' distratta e quando la commessa/o s'appresta a passare ad un altro cliente, prima che sia in grado d'individuarlo, si dice: due filoni, per favore!
La scena che segue la conosciamo tutti avendola vissuta svariate volte nella vita.
Vorrei concludere con un'esortazione:
Sorelle e Fratelli italiani, se vogliamo migliorare la nostra classe politica cominciamo a non voler fregarci vicendevolmente dal panettiere e l'Italia migliorerà!
Non c'è bisogno d'istituire delle code (magari per legge!) ma d'imporci solo un po' d'etica comportamentale anche nelle piccole cose. Insegniamolo ai nostri figli.
Non cambiamo le abitudini, ma solo la nostra maniera di porci nei confronti degli altri, rispettandoli di più ... ma restando sempre italiani ... che diamine!

P.S.: mi domando: forse non avremmo avuto la Terra dei Fuochi in Campania se i nostri padri non ci avessero abituati a gettare le cartacce per strada? Oppure ancora: forse la Svizzera è più pulita dell'Italia perché abituano i bambini a non gettare la carta delle caramelle per terra?  ... ma allora, perché lo fanno quando vengono in Italia?